Per i lavoratori annuncio di speranza

Manifestazione promossa da Diocesi e sindacati conclusa dalla Messa del vescovo.

Si parla di salvezza, nelle letture del giorno. Si cantano le meraviglie del Dio liberatore. Gesù invita ad aver fiducia in un Dio giusto giudice che non può non ascoltare i suoi eletti “che gridano giorno e notte verso di lui”. Questa fiducia, questo invito alla speranza è quanto il pastore della Chiesa reatina annuncia ai lavoratori radunati in S. Maria. È qui, nella chiesa cattedrale, che si conclude il corteo partito dal monumento alla Lira. Corteo voluto dalla Diocesi assieme al mondo civile, sindacati in primis, a un anno da quel partecipatissimo corteo di fiaccole che, nel percorso tra la stazione ferroviaria e il Duomo, volle esprimere, in pieno Congresso eucaristico, la vicinanza ai lavoratori e alle aziende in crisi, mentre bruciava, nella novità dei primi giorni, l’annuncio della cessione dello stabilimento Schneider. Azienda, fino a poco tempo prima, fiore all’occhiello del Nucleo industriale reatino. Chi l’avrebbe mai detto che la crisi avrebbe toccato anch’essa? Eppure così è avvenuto. E la comunità reatina, religiosa e civile, in tutte le sue espressioni, aderì in massa all’invito che don Valerio, responsabile della Pastorale sociale, aveva lanciato qualche giorno prima nella sala convegni dell’Asi, dove a portare la sua testimonianza, in una tavola rotonda con vari esponenti locali, era giunto da Taranto il vescovo Filippo Santoro, protagonista nella difficile vicenda dell’Ilva. Don Shango propose che la fiaccolata, prevista per quella domenica sera subito dopo la tavola rotonda lungo le strade del Nucleo, venisse rinviata e svolta in centro, coinvolgendo il più possibile istituzioni e cittadini. E in tanti raccolsero l’invito, mostrandosi vicini ai lavoratori della Schneider e di tante altre aziende segnate da enormi criticità.

In questo sabato mattina di un anno dopo sono, invece, assai di meno i reatini che si uniscono al corteo. I sindacati confederali (la triplice Cgil, Cisl e Uil, più l’Ugl) e l’Ascom hanno volentieri sposato la proposta dell’Ufficio diocesano diretto da don Valerio, che mai ha cessato di manifestare la piena vicinanza ai drammi di un lavoro che qui a Rieti sfuma giorno dopo giorno. La comunità locale appare invece, rispetto a un anno fa, quando l’emotività del momento aveva acceso di più gli animi, un po’ più distratta. Ma non per questo si deve parlare di un flop. La manifestazione riesce, i partecipanti accolgono con soddisfazione l’appassionato invito alla speranza che promana dalla celebrazione eucaristica che conclude il corteo. Monsignor Lucarelli si trova a pronunciare le orazioni di una Messa particolare, quella “per la santificazione del lavoro”. Un titolo, commenta nell’omelia, che sembrerebbe «quasi una beffa, compilato in anni in cui il lavoro non mancava di certo come nel momento attuale; oggi dovremmo chiedere la santificazione di qualcosa che non c’è!». Eppure, prosegue il vescovo nella sua omelia (se ne può seguire la ripresa video sul sito frontierarieti.com), «una ragione in tutto questo la possiamo trovare. Se il lavoro che c’è viene santificato, per dirla in termini quotidiani, se viene reso “pulito”, allora si genera altro lavoro. Il lavoro è come l’energia di cui parla la pubblicità, non c’è in natura, ma si crea; si può creare energia sporca ed energia pulita, così come si può creare lavoro sporco e lavoro pulito». L’auspicio è a mettere in atto un’opera di “pulizia” radicale della nostra società, tirando via l’egoismo, la difesa di biechi interessi, la tendenza a «spostare in zone economicamente più vantaggiose produzioni divenute ormai insostenibili qui da noi».

Facile a dirsi… ma non è un po’ uno sperare contro ogni speranza? In soccorso, dice monsignor Delio, arrivano le parole della fede. Con le letture bibliche del giorno che invitano a non gettare la spugna, a non smettere di lottare per la giustizia, per l’approdo alla Terra promessa… Così per il lavoro: va condotta, afferma il presule, una seria riflessione «che determini politiche del lavoro innovative e lungimiranti, a livello nazionale ma anche locale». Richiama poi la dottrina sociale della Chiesa, per la quale «lo scopo del lavoro è il bene dell’uomo, non il contrario, cioè l’uomo non è per il lavoro; il lavoro è mezzo per il sostentamento e per la realizzazione delle aspirazioni più profonde dell’uomo, che sono aspirazioni spirituali. Finché continuiamo a considerare il lavoro e il guadagno come fine e non come mezzo e l’uomo come mezzo e non come fine, non usciremo dalla crisi e non avremo nessuno spiraglio, c’è poco da illudersi». E conclude con un auspicio che trae ispirazione dal versetto del salmo proclamato: “Allora li fece uscire con argento e oro e nelle tribù nessuno vacillava”. Potremmo, dice Lucarelli, «parafrasarlo così: allora li fecero tornare al lavoro per avere il giusto salario e nelle famiglie nessuno era nel bisogno. L’augurio finale è che si facciano provocare da queste parole soprattutto politici e imprenditori.

[download id=”402″]