Restituita la reliquia… troppa grazia, sant’Antò?

Per una settimana, in città non s’è parlato d’altro: la reliquia di sant’Antonio in mano a ignoti ladri che si erano intrufolati con destrezza nella chiesa di S. Francesco, sottraendo in sagrestia un ostensorio e uno dei due reliquiari contenenti autentici resti del santo tanto venerato dai reatini. Nei giorni successivi, si erano ripetuti gli appelli tanto della Pia Unione S. Antonio quanto delle autorità civili e religiose affinché l’oggetto di devozione venisse in qualche modo restituito.

La bella notizia è giunta martedì sera, quando don Roberto, vice parroco in Duomo e cappellano della Pia Unione, uscendo da S. Maria notava su una panca un fagottino in stoffa: si trattava della reliquia, tolta dal reliquiario e così fatta ritrovare. I carabinieri, presala in consegna per i rilievi di rito, dopo averli effettuati hanno provveduto a riconsegnarla in Cattedrale, ove è al momento custodita in cassaforte, in attesa di sistemarla in un nuovo reliquiario e riportarla così a S. Francesco.

Mentre proseguono le indagini dei militi dell’Arma per individuare gli autori del furto (che restano in possesso sia del reliquiario sia dell’ostensorio – ovviamente vuoto – sottratto con esso: oggetti entrambi di moderna fattura e senza particolare valore commerciale), tutti in città hanno tirato un sospiro di sollievo… dopo che ci si è preoccupati forse in modo eccessivo. Nel senso: non che ci si debba rallegrare di un furto sacrilego (per quanto assai più grave sarebbe stata una profanazione dell’eucaristia) e non che faccia piacere che la reliquia di un santo subisca un oltraggio, ma non è che opinione pubblica e media abbiano mostrato un sovraccarico di interesse?

Il primo a dirlo, domenica scorsa alla Messa di mezzogiorno in S. Maria, è stato (beccandosi anche un applauso) don Roberto, che pure, da cappellano della confraternita antoniana, era stato il primo a esprimere il forte disappunto per il deprecabile gesto: «Possibile, però, che in una città, e in una Chiesa, questo debba diventare il primo pensiero? Che non ci siano problemi ben più gravi?». Una città che, per dirne una, non si è certo mostrata prodiga di entusiasmo e partecipazione (cattolici compresi) nella manifestazione che, proprio negli stessi giorni, voleva esprimere la solidarietà verso il mondo del lavoro, in una realtà dove la situazione occupazionale diventa sempre più drammatica. E una Chiesa che lo stimolo alla nuova evangelizzazione che l’Anno della fede ci consegna deve recepirlo con uno zelo di gran lunga maggiore a quello per un semplice allarme devozionale.

Bene, allora, ridimensionare le cose e ristabilire la giusta gerarchia dei valori: felicissimi che la reliquia sia stata ritrovata, pronti a festeggiarne la riaccoglienza con tutto lo spirito di pietà antoniana che fa parte del codice genetico della reatinità… Ma la “troppa grazia” per la quale sant’Antonio avrebbe più piacere a intercedere presso il suo Signore è probabilmente qualcosa di più che il ritrovamento di un frammento dei suoi resti. Per ben altre urgenze, allora, occorre che comunità cristiana e civile debbano invocare: sant’Antò, pènzace tu!

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