Siria: mons. Hindo (Hassaké), “cristiani rassegnati e costretti a emigrare”

“Un grido di aiuto, in soccorso dei cristiani prima, ma anche dei curdi in generale”

è stato lanciato da monsignor Jacques Behnan Hindo, arcivescovo di Hassaké-Nisibi dei Siri. Lo riferisce Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). “Dopo l’annuncio della tregua tra esercito arabo-siriano e forze curde, che prevede la smilitarizzazione, fra l’altro, del quartiere cristiano di Hassaké, le barricate non sono state rimosse, anzi sono aumentate, così come è aumentato il numero delle strade chiuse. La circolazione è diventata molto difficile, se non addirittura impossibile”. La responsabilità, precisa il presule, non va attribuita alla generalità della componente curda, ma solo al partito curdo e al suo braccio armato, che rappresentano solo il 18-20% dei curdi della regione. “Sono stati occupati l’Ufficio Anagrafe e il Dipartimento Immigrazione e Passaporti, la Banca Commerciale Siriana, le facoltà universitarie dell’Eufrate e di Hassaké, i depositi di grano, gasolio, benzina e cotone, il cui contenuto è stato trasferito.”. La vita della popolazione cristiana diventa sempre più difficoltosa, perché, “i combattenti curdi, l’esercito e i suoi sostenitori hanno occupato decine di case nel quartiere cristiano, ma non è consentito ai residenti di ritornarci, tranne in quelle distrutte perché le forze curde vi si erano stanziate. I curdi appartenenti al braccio armato del partito si sono impossessati di molti mezzi del comune di Hassaké, e li utilizzano per servire soltanto i loro quartieri. Per proteggere gli altri abitanti dalle malattie ci siamo dovuti addossare la raccolta e il trasporto dei rifiuti fuori del paese, tramite veicoli privati il cui acquisto è a carico dell’arcidiocesi”.

“In tutto questo – aggiunge mons. Hindo, sono stati colpiti anche i curdi, assieme al resto dei componenti della provincia di Hassaké. Comprendiamo la grande preoccupazione e la tensione che vivono i cristiani e i curdi che non appartengono al partito curdo. Comprendiamo la rabbia che aumenta ad Hassaké a causa del peggioramento delle condizioni di vita, della mancanza di generi alimentari e delle interruzioni quotidiane di elettricità, mentre a Malikieh, che è sotto il controllo dei curdi, non ci sono blackout, e tutte le esigenze vengono pienamente soddisfatte. Comprendiamo infine la rassegnazione dei cristiani che sono indotti ad emigrare”.