Chiesa di Rieti

Regola e presepe: compiuto il primo passo nel percorso dell’ottavo centenario francescano

Un viaggio attraverso la grandezza dei doni francescani, dalla Regola Bollata al messaggio di umiltà nel Presepe di Greccio, in un percorso di riflessione e riscoperta della vera essenza del Vangelo

Due grandi doni, per il mondo francescano e per la Chiesa intera, strettamente concatenati: quello della Regola Bollata e quello del primo presepe. Ne è stato appena celebrato l’ottocentenario, primo step della serie di celebrazioni di eventi fondamentali vissuti da san Francesco negli ultimi tre anni di vita, che vedono la famiglia francescana ricordarli di qui al 2026, quando cadranno gli otto secoli dalla morte del Poverello d’Assisi. A concludere questo primo ottocentenario, i Frati Minori della provincia di San Bonaventura, quella che raccoglie i conventi minoritici di Lazio e Abruzzo, cui sono affidati i santuari della Valle Santa reatina, protagonista di queste prime celebrazioni che hanno fatto memoria del Natale di Greccio 1223 in cui Francesco aveva lì ricreato una “nuova Betlemme”, poche settimane dopo aver ricevuto, il 29 novembre, da papa Onorio III la conferma definitiva della Regula scritta nei mesi precedenti nel suo ritiro a Fonte Colombo.

Proprio qui ieri mattina si sono ritrovati frati da tutte le comunità della provincia per un momento denominato “Celebrazione della memoria – grata e penitenziale – della Regola”. Gratitudine ma anche umile riconoscimento della non sempre fedele osservanza, da parte di chi ha abbracciato il carisma serafico, di quel testo che pure Francesco aveva accettato di dover riscrivere, rendendolo più consono agli aggiustamenti “curiali” e certamente meno rigido rispetto alla precedente Regola che non aveva ricevuto la “bollatura” pontificia. Eppure, già allora, narra la Legenda Perugina, diversi confratelli avevano spinto frate Elia, che nel frattempo aveva assunto la guida dell’ordine, a salire a Fonte Colombo per cercare di convincere il fondatore a non scriverla «troppo aspra», quella Regola. Ma il santo ebbe modo di sentire la voce di Cristo che assicurava «ogni prescrizione» di essa venire da lui e di volere che fosse «osservata alla lettera». Cosa certo non facile, per i francescani che si sono incamminati su questa forma vitæ, una piena fedeltà alle scelte di fondo indicate dall’Assisiate: e dunque il momento di preghiera vissuto a Fonte Colombo – presieduto dal vicario provinciale fra Paolo Maiello – ha costituito l’occasione per riaffermare, rileggendone i passi, la grandezza di questo dono e chiedere perdono per la poca docilità mostrata a ciò che altro non è che vivere in pienezza il Vangelo.

La memoria della Regula ha voluto esprimere «il desiderio di riappropriarci di questo dono immeritato», ha detto poi il ministro provinciale fra Luciano De Giusti nell’omelia della Messa che, nel pomeriggio, i partecipanti alla giornata hanno celebrato nel santuario di Greccio. Una memoria «che deve prendere possesso del nostro cuore e deve diventare operativa», cercando una fedeltà che può realizzarsi solo nello spirito di Francesco, che è quello della fraternità, del sostenersi a vicenda. Che è poi il messaggio stesso di Greccio, di quella notte del Natale 1223 che, come narra Tommaso da Celano, era divenuta “chiara come il giorno”. Rischiarata dalle fiaccole dei partecipanti a quel primo presepe, ma anche, ha sottolineato Dei Giusti, per  «la chiarezza del cuore di Francesco, che seppe restare ultimo, non prevaricare sui fratelli nonostante fosse il fondatore». Quando realizza quel primo presepe, egli «non è più il condottiero che sta davanti. Per questo si illumina e trova pace in quella notte». L’invito, dunque, è a ritrovare «il posto che Francesco ci ha indicato e che ha celebrato quella notte, che è il posto di Cristo, perché è l’ultimo posto, nel punto più basso, più fragile».

da «Avvenire»