Chiesa

Il Papa in Slovacchia: «Non riduciamo la Croce a un simbolo politico»

La Divina Liturgia a Prešov ponte tra Oriente e Occidente. FTra le lingue utilizzate anche il paleoslavo e alcune preghiere in lingua rom

“Non riduciamo la Croce a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale”.

È il forte appello che il Papa ha lanciato da Presov, nella Slovacchia orientale, terza città del Paese, dove questa mattina ha celebrato la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, davanti a circa 30mila fedeli cattolici di rito bizantino, riuniti nel piazzale antistante il locale palazzetto dello sport e assistiti da 800 volontari. Qui fece sosta anche Giovanni Paolo II, nel 1995, (tra l’altro siamo a 150 chilometri da Cracovia e spesso Wojtyla, quando andava sui monti Tatra, sconfinava sul versante slovacco). Erano gli anni in cui si stava ricostituendo la comunità cattolica, duramente perseguitata negli anni del regime comunista, anche con forzate annessioni alla Chiesa ortodossa. Francesco ha infatti ricordato in un passaggio dell’omelia “le persone generose che hanno patito e sono morte in Slovacchia a causa del nome di Gesù”. Ma prendendo spunto dall’odierna festa dell’Esaltazione della Croce si è soffermato soprattutto sul corretto modo di testimoniare Gesù crocifisso nella vita di tutti i giorni, invitando a evitare di “inficiare” questa testimonianza con la “mondanità” e la “mediocrità”. Soprattutto il Papa ha messo in guardia dalla “grande tentazione” di “aspirare a un cristianesimo da vincitori, a un cristianesimo trionfalistico, che abbia rilevanza e importanza, che riceva gloria e onore”.

“La Croce – ha spiegato il Pontefice – esige invece una testimonianza limpida. Perché la croce non vuol essere una bandiera da innalzare, ma la sorgente pura di un modo nuovo di vivere”. In sostanza lo stile di vita delle Beatitudini. “Il testimone che ha la croce nel cuore e non soltanto al collo – ha proseguito Francesco – non vede nessuno come nemico, ma tutti come fratelli e sorelle per cui Gesù ha dato la vita. Il testimone della croce non ricorda i torti del passato e non si lamenta del presente. Non usa le vie dell’inganno e della potenza mondana: non vuole imporre sé stesso e i suoi, ma dare la propria vita per gli altri. Non ricerca i propri vantaggi per poi mostrarsi devoto: questa sarebbe una religione della doppiezza – ha sottolineato ancora il Papa -, non la testimonianza del Dio crocifisso”. In altri termini “il testimone della croce persegue una sola strategia, quella del Maestro: l’amore umile. Non attende trionfi quaggiù, perché sa che l’amore di Cristo è fecondo nella quotidianità e fa nuove tutte le cose dal di dentro, come seme caduto in terra, che muore e produce frutto”.

Se non si fa così “la croce rimane un libro non letto, di cui si conoscono bene il titolo e l’autore, ma che non incide nella vita”, ha commentato papa Francesco, che su questo tema è in pratica tornato in ogni tappa di questo suo 34° viaggio internazionale. E non è certo un caso che egli lo faccia qui nel cuore dell’Europa, in cui più forte si avverte il richiamo di forze politiche e culturali che fanno riferimento alla croce come a un simbolo identitario, propagandando al contempo legislazioni non inclusive e solidali. Il richiamo del Papa appare però diretto non solo a certi uomini politici o a certi partiti, ma a tutti. Anche all’uomo della strada e alle famiglie. “La croce è dipinta e scolpita in ogni angolo delle nostre chiese – ha detto in un altro passaggio dell’omelia -. Non si contano i crocifissi: al collo, in casa, in macchina, in tasca. Ma non serve se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe, aperte per noi”. In tal modo il viaggio a Budapest e in Ungheria si sta caratterizzando come un itinerario in cui il Papa pone l’accento non su una religiosità fatta di riti esteriori, simboli identitari e difesa delle tradizioni per altri fini, ma sulla fede viva, che traendo linfa dall’amore per Gesù si trasforma in braccia aperte per accogliere i fratelli. Proprio come le braccia di Cristo sulla croce.

Due gli incontri del pomeriggio: alle 16 con la comunità Rom nel Quartiere Lunìq IX a Kosice, cui Papa Francesco porterà un saluto, e alle 17 l’incontro con i giovani ai quali indirizzerà un discorso presso lo Stadio Lokomotiva a Kosice. La partenza in aereo per Bratislava è prevista alle 18.30, con arrivo un’ora dopo.

Due gli incontri del pomeriggio: alle 16 con la comunità Rom nel Quartiere Lunìq IX a Kosice, cui Papa Francesco porterà un saluto, e alle 17 l’incontro con i giovani ai quali indirizzerà un discorso presso lo Stadio Lokomotiva a Kosice. La partenza in aereo per Bratislava è prevista alle 18.30, con arrivo un’ora dopo. – Reuters

Il Papa è arrivato a Presov, partendo di buon mattino dall’aeroporto di Bratislava, atterrando a Kosice, seconda città della Slovacchia e poi trasferendosi in auto fino al luogo della celebrazione. Qui è stato accolto dall’arcieparca metropolita (l’equivalente dell’arcivescovo per i cattolici di rito latino), monsignor Jan Babiak, un gesuita molto attivo nella pastorale, che gli ha rivolto calde parole di benvenuto. Alla Divina liturgia era presente tra gli altri il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e segretario di Giovanni Paolo II, il quale era al fianco del Papa ora santo anche nella visita del 1995.

da avvenire.it