Conforama e la solitudine dei lavoratori. Dove stiamo andando?

La serie di licenziamenti e crisi aziendali che stiamo affrontando in questi anni, può essere letta al di là del semplice dato economico.

Tra le radici della crisi della piccola realtà reatina c’è la mancanza di un’identità culturale. Privi di un tessuto connettivo, corriamo sempre più spesso il rischio di cadere – come di fatto accade – nella trappola dell’isolamento sociale. Senza un’idea, un’identità collettiva, siamo tutti soli, con ciò che ne consegue.

Guardiamo a quanto è diffusa e improduttiva, quasi automatica, la tendenza di molti a trattare con leggerezza i problemi che si verificano nel panorama locale. Non volendo si incoraggia l’inerzia laddove urgerebbe una solida presa di posizione.

L’organismo produttivo locale respira a fatica in un sistema economico carente d’ossigeno. Ultime vittime di questa condizione sono i dipendenti del “Mercatone” messi in mobilità. I dipendenti della superficie commerciale si sono ridotti negli anni a 97 dipendenti. Chi c’è al fianco di questi lavoratori? È vero che i sindacati hanno fatto pressioni nel tentativo di convincere il gigante francese a firmare un contratto di solidarietà. Ma l’impressione è che i dipendenti messi alla porta siano vittime incolpevoli dell’assenza a Rieti (ma non solo) di solida rete di interessi a difesa del lavoratore.

Certo, la crisi economica e finanziaria non aiuta e l’assenza di una prospettiva industriale di grandi dimensioni come la Texas di un tempo peggiora le cose.

Non solo il lavoro è divenuto una prospettiva sempre più incerta, ma è ormai ridotto ad un problema individuale. La realtà reatina ha ormai abbandonato qualsivoglia spirito d’aggregazione. Ha perso gran parte delle proprie “identità collettive”, vera linfa alla base di una comunità fiorente.

Per il singolo lavoratore è una impresa quasi disperata, forse fuorviante, la ricerca di un qualche riconoscimento. Il meccanismo sociale si è ormai sfasciato, le parti sono rimaste prive di categorie distintive. E senza categoria difficilmente esiste tutela. La solitudine dei lavoratori del Conforama ne è la prova.

Forse l’analisi della situazione non darà una soluzione immediata al problema, ma può servire per fare il tentativo di prevedere cosa ci aspetta – o ci si può aspettare – nel futuro prossimo della città. Se non altro sappiamo che c’è tanto da ricostruire.

Le prospettive del futuro passano anche per queste grandi aziende, ma soprattutto per le nostre mani.