Chi è il Pil?

La domanda, seguita da un «e cosa vuole da noi?» è la protagonista di una serie di micro interviste fatte su strada da Antonio Sacco per capire, da coloro che vivono la quotidianità, qualcosa di “economia reale”.

L’esperimento, in equilibrio tra provocazione e indagine “seria”, è realizzato esclusivamente tramite l’uso di un telefonino. Lo scopo è di andare ad ascoltare l’opinione delle persone umili, di chi vive la quotidianità, a dispetto dei castelli di parole degli addetti ai lavori.

Non è detto, infatti, che per parlare di Pil, crescita, sviluppo, crisi economica e industrializzazione occorrano figure professionali e linguaggio specialistico.

Dai piccoli filmati emerge la percezione popolare dei problemi.

Le questioni vengono lette in modo sorprendentemente completo e articolato. Talvolta con educazione, più spesso con ironia, in qualche caso con la parola colorita o volgare che certamente esiste nel lingua di strada, c’è pure chi sarebbe capace di dare soluzioni. Ovviamente se non vivessimo in un sistema che è fatto a posta, come dice qualcuno, «per complicare le cose nel senso della stupidità».

Non a caso tra gli intervistati qualcuno sbotta: «Per quale motivo non posso predere qualcuno per darmi una mano, pagandolo, senza tutte queste difficoltà? A che serve? Tutta questa disoccupazione “siete voi che la create”!». Oppure: «Per cento euro mi ha chiamato la banca! Se li porto al Pil i soldi come faccio a portarli alla banca?».

Le interviste (disponibili sul canale You Tube di Antonio Sacco e nella WebTv di «Frontiera») contengono frammenti di discorsi, piccoli scampoli di vita capaci, con due frasi, di dare filo da torcere ad anni di chiacchiere altolocate, anche se a parlare è un venditore di strada o un disoccupato fermato al semaforo.

Le risposte alle due domande sono ruvide, impacciate, spesso divertenti, ma talvolta anche insospettabilmente profonde, intuitivamente vere e sempre diritte al punto.

«Chi è il Pil?». «Io!» si sente rispondere dal fondo di un pulmino di ragazzi sfortunati.

Riflettiamoci su.