Pace da invocare e da costruire

Intensa partecipazione alla veglia col vescovo a Regina Pacis

Pregare non è solo “roba da vecchiette”, perché, come ha voluto ribadire il vescovo Lucarelli, «la preghiera di richiesta, di ascolto, di ringraziamento, ci aiuta a vedere le cose in modo diverso, ci forma, ci cambia». Se poi la richiesta è un’intensa invocazione di pace, l’ascolto è il lasciarsi provocare dalla Parola del Dio della pace, il ringraziamento è il riconoscere la grandezza di colui che esalta la dignità dell’uomo e la sua capacità di costruire pace, allora davvero pregare vuol dire sentirsi diversi e lasciarsi formare da chi ha per l’uomo progetti di pace, armonia, fraternità.

Un clima di vera fraternità, un’armonia dei cuori che andava anche oltre l’appartenenza di fede, poteva notarsi nella serata di un sabato sera diverso dal solito, nella chiesa di Regina Pacis, dove, saltata la cena (e lasciato, in molti, il corrispettivo di questa rinuncia nelle cassette delle offerte da destinarsi ai progetti della Caritas in Medio Oriente), molti reatini hanno voluto dedicare qualche ora, o almeno qualche minuto, alla supplica raccomandata da papa Francesco. All’appello del Pontefice per un momento particolare di preghiera e digiuno per l’intenzione della pace in Siria hanno risposto in tanti a Rieti: non solo unendosi spiritualmente con lui, seguendo magari in tv la diretta della veglia svoltasi in piazza San Pietro (o partecipandovi direttamente, come ha fatto una rappresentanza dell’Azione cattolica guidata dal presidente diocesano, al termine della giornata di festa che per l’Anno della fede aveva visto anche degli acierrini reatini partecipare all’incontro dei ragazzi di Ac svoltosi in Vaticano); ma anche raggiungendo la parrocchiale della città intitolata alla Regina della pace, per raccogliersi in orazione dinanzi al Santissimo Sacramento esposto sull’altare. Già alla Messa vespertina l’assemblea riunita raduna ben più persone degli abituali parrocchiani del sabato pomeriggio, e dopo che don Fabrizio ha collocato sulla mensa l’ostensorio con la grande Ostia consacrata in tanti si fermano ad adorare in silenzio. Tra le sette e le nove è un viavai continuo di gente che si inginocchia e prega, e quando si avvicina l’appuntamento con la veglia presieduta dal vescovo la chiesa va sempre più riempiendosi.

Arrivano anche le autorità che numerose avevano dichiarato l’adesione all’iniziativa voluta da monsignor Lucarelli in risposta all’appello del Santo Padre, così come il mondo sindacale e l’associazionismo, anche al di fuori del mondo cattolico. Sono presenti gli esponenti di varie realtà ecclesiali, ci sono sacerdoti e religiosi, in testa il vicario generale e anche l’emerito di Viterbo monsignor Chiarinelli. Soprattutto ci sono tanti cristiani di tutte le età, pronti a vivere il particolare momento in cui, dinanzi a quell’ostensorio, ci si vuol riconoscere tutti figli di un Padre che «condanna le guerre e abbatte l’orgoglio dei violenti», per dirla con le parole di Giovanni Paolo II con cui il vescovo Delio apre la preghiera comune. Scandita dai canti di Taizè, la meditazione e la supplica si dipana in passi salienti della Pacem in terris di Giovanni XXIII e nel brano neotestamentario in cui san Giacomo esorta a una sapienza « pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia», non senza la richiesta di perdono per le incoerenze e infedeltà nell’essere autentici costruttori di pace.

Perché, ricorda il vescovo nella sua riflessione (testo completo e videoripresa sono disponibili sul sito frontierarieti.com), se il credente è consapevole di quanto la pace sia dono divino, non deve dimenticarsi che «è compito dell’uomo edificarla nel tempo e nella storia; essa non è solo riposta nelle mani e nelle decisioni dei grandi della storia, dei politici e degli organismi internazionali, ma in quelle di ogni persona», un compito affidato a ciascuno, almeno «in due sensi: anzitutto come impegno nella preghiera, che ci educa alla pace, alla condivisione, alla comprensione del piano di Dio sull’umanità; ma anche come forza di “pressione” sulla politica, perché non si prescinda dalle attese del popolo, dalla volontà dei cittadini». Ed è un’esigenza che va a interpellare la quotidianità dei rapporti, la vita sociale, l’esperienza di vita di ogni aggregazione umana.

Il realismo, prosegue Lucarelli, ci rende coscienti che il rischio della guerra, frutto del peccato, ce l’avremo sempre di mezzo. Ma chi crede sa che la realtà si può cambiare. E pregare per la pace significa anche impegnarsi per essa. Colui che prega acquista poi quella «saggezza complessiva, anche profondamente umana, che ci induce a trasformare la realtà» e a saper saggiamente imparare dagli errori del passato: «Le grandi guerre del ’900 non sembrano averci insegnato che la guerra non risolve i problemi ma li rimanda nella migliore delle ipotesi, e li aggrava nella maggior parte dei casi. Che le prime vittime sono sempre gli innocenti e gli ignari. Che vi sono spesso interessi, economici, politici, militari, strategici, che superano o si nascondono dietro alle motivazioni espresse ed evidenti. Gli strumenti del diritto internazionale sono più che sufficienti, se adottati da una comunità internazionale coesa e compatta, per arginare, neutralizzare e riportare a ragione il Paese che non rispettasse le regole». Monsignor Delio ricorda le parole dei pontefici, da Benedetto XV in poi, contro la guerra e a favore della pace, parole troppo spesso rimaste inascoltate. Ma se chi è potente, e chi ha interessi non proprio limpidi, fa orecchie da mercante, preferendo la logica della vendetta, della rappresaglia armata, della legge del più forte, non va dimenticato che nel nostro piccolo si può cominciare a cambiare le cose, impegnandosi a tessere rapporti nuovi, fondati «sul dialogo, sul chiarimento immediato quando c’è qualcosa che non va, sull’ascolto delle altrui ragioni». Un modo nuovo di relazionarsi che proprio la preghiera davanti a Gesù sacramentato, conclude il vescovo, rende eloquente, in quanto espressione «forse più incomprensibile, ma anche disarmante e intensa di una relazione di amicizia e di amore con Colui che ha voluto donare se stesso per dare la vita a chi lo cerca come Autore della pace e Signore delle coscienze e dei cuori».

La veglia si conclude con le invocazioni che chiedono pace e poi cantando le parole rivolte da Francesco, il santo della pace e dell’armonia fra uomo e creato, all’«Alto e glorioso Dio». Ma la preghiera dinanzi al Santissimo prosegue ancora. Molti continuano l’adorazione silenziosa e si fermano anche all’ultima parte, seguendo la preghiera dell’Ufficio delle letture e infine la benedizione eucaristica che conclude questa speciale serata orante.

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