Veglia di preghiera per la Siria: le parole di pace del vescovo

Il 7 settembre, nella chiesa di Regina Pacis a Rieti, accogliendo l’invito di Papa Francesco, la comunità cristiana e civile della città di Rieti si è riunita in digiuno e preghiera di fronte all’Eucaristia per testimoniare un concreto desiderio di pace e stimolare le istituzioni a percorre strade alternative a quelle delle armi nella soluzioni dei tanti conflitti che addolorano il mondo.

Nel mezzo dell’incontro, il vescovo di Rieti Mons. Delio Lucarelli, ha ragionato sulla forza viva della preghiera e della volontà di pace. Senza cedere alla tentazione di una consolatoria faciloneria, il presule ha spronato gli uomini dei corpi sociali e delle istituzioni ad un rinnovato impegno quotidiano.

Carissimi, vi ringrazio per aver risposto all’appello del Papa per questa sosta di preghiera e di digiuno, al fine di ottenere dal Signore il dono della pace nelle zone del Medioriente e in tutto il mondo.

Come cristiani siamo consapevoli che la pace è dono di Dio, ma è compito dell’uomo edificarla nel tempo e nella storia; essa non è solo riposta nelle mani e nelle decisioni dei grandi della storia, dei politici e degli organismi internazionali, ma in quelle di ogni persona.

È anche compito primario di ognuno di noi, semplici cittadini e credenti che vivono la quotidianità nell’anonimato e nel nascondimento.

Lo è almeno in due sensi: anzitutto come impegno nella preghiera, che ci educa alla pace, alla condivisione, alla comprensione del piano di Dio sull’umanità; ma anche come forza di “pressione” sulla politica, perché non si prescinda dalle attese del popolo, dalla volontà dei cittadini.

In questo senso l’invito rivolto alle autorità e alle istituzioni locali assume un significato anche politico, perché da ogni parte giunga il grido a chi regge le sorti dei popoli e decida secondo saggezza e secondo le attese di quanti hanno a cuore l’ordine sociale, perché non si basino sull’uso della forza, ma sul diritto e la giustizia.

Dobbiamo anche aggiungere un ulteriore elemento: la pace globale è conseguenza di quella serenità personale, relazionale, di uno stabile ed equilibrato rapporto con gli altri che ne sono la base.
Penso alle coppie, al rapporto genitori-figli, alle piccole comunità, non solo religiose, ai luoghi di lavoro e all’associazionismo.

A volte ci chiediamo come si possa conservare la pace globale se non riusciamo a far funzionare nella tranquillità piccoli gruppi e relazioni ristrette! 

Vorrei compiere con voi una breve riflessione che parta dai testi ascoltati per prospettare una via che non sia puramente teologica, ma anche pratica.

Noi sappiamo che dal punto di vista della dottrina cristiana la minaccia della guerra non potrà mai essere totalmente esclusa poiché è una conseguenza del peccato, personale e sociale; ma questo non ci esime dal compiere ogni sforzo sincero e concreto per allontanare lo spettro della guerra.

Diciamolo con molta chiarezza e con disincanto: la pace non si costruisce solo con la preghiera, né solo con l’azione politica, ma da una moltitudine di rivoli e di vie si può pervenire ad un nuovo ordine mondiale.

Qualcuno penserà che la preghiera è una perdita di tempo o un passatempo da “vecchietti”; la preghiera di richiesta, di ascolto, di ringraziamento, ci aiuta a vedere le cose in modo diverso, ci forma, ci cambia.

Chi prega ha – o dovrebbe avere – relazioni sociali e interpersonali migliori, dovrebbe vedere le cose da una finestra più grande; con la preghiera si acquista una saggezza complessiva, anche profondamente umana, che ci induce a trasformare la realtà.

Essa non ha solo un significato, cioè quello di chiedere a Dio ciò di cui abbiamo bisogno, ma anche quello di cambiare chi la pratica!

Ma noi non possiamo solo proporre la preghiera come soluzione al dramma degli interventi armati; anzitutto abbiamo da sottolineare le esperienze passate, quelle del secolo scorso. Le grandi guerre del ‘900 non sembrano averci insegnato che la guerra non risolve i problemi ma li rimanda nella migliore delle ipotesi, e li aggrava nella maggior parte dei casi. Che le prime vittime sono sempre gli innocenti e gli ignari. Che vi sono spesso interessi, economici, politici, militari, strategici, che superano o si nascondono dietro alle motivazioni espresse ed evidenti.

Gli strumenti del diritto internazionale sono più che sufficienti, se adottati da una comunità internazionale coesa e compatta, per arginare, neutralizzare e riportare a ragione il Paese che non rispettasse le regole.

Nella nota di pace che in occasione della prima guerra mondiale il Papa di allora, Benedetto XV, inviò ai capi dei popoli in guerra, vi è scritto: “alla forza materiale delle armi, sottentri la forza morale del diritto”. Furono parole profetiche e cariche di senso e di sano realismo.

Nell’era della stretta interdipendenza dei popoli, delle economie, della socializzazione informatica, della condivisione di sensazioni, di notizie, di idee, questa forza materiale del diritto deve avere piena cittadinanza, non con la forza delle armi, altrimenti se ne coglierebbe la piena incongruenza e contraddizione, ma con la forza straordinaria dell’amore.

Lo abbiamo ascoltato nella lettura della Pacem in terris di Giovanni XXIII: la ricomposizione dei rapporti nella vita sociale è un’esigenza dell’amore. Dall’amore vero non si genera il pacifismo, ma la giustizia che dà a ciascuno quanto gli spetta e dunque l’ordine e la pacifica convivenza.

La vediamo dall’opera, anche diplomatica, semplice ma incisiva di Papa Francesco, che ci auguriamo tocchi il cuore di chi deve decidere e gli apra prospettive nuove e positive.

Carissimi amici e fratelli, Benedetto XV definì la prima guerra mondiale “inutile strage”, Pio XII gridò, ai tempi della seconda guerra mondiale, “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”, Paolo VI esclamò alle Nazioni Unite “jamais plus la guèrre”, Giovanni Paolo II bollò la guerra in Iraq, come “avventura senza ritorno”. Papa Francesco l’ha definita massacro!

Cosa ancora si deve dire? Quanto ancora si deve implorare perché si trovino altre vie per risolvere i conflitti? Quanto tempo ancora si dovrà aspettare?

Sono domande accorate che forse resteranno senza risposta, fino a quando non si procederà a trasformare progressivamente le industrie belliche; fin quando i Paesi esportatori di armi, soprattutto di “armi pesanti” non decideranno di cessare da questi commerci con embarghi definitivi, non di viveri, ma embarghi di armi.

Per quanto ci riguarda, possiamo forse incidere poco sulle gravi decisioni dei grandi della terra, ma se sapranno e vedranno in parte questa mobilitazione universale, più grande dei loro arsenali, forse capiranno che ci sono armi ben più potenti che possono porre un freno al rischio di pericolosi e dolorosi interventi armati.

Intanto, però, cominciamo a costruire i nostri rapporti interpersonali sul dialogo, sul chiarimento immediato quando c’è qualcosa che non va, sull’ ascolto delle altrui ragioni; sarà un passo avanti molto importante!

Possiamo vedere ogni giorno dalla televisione e leggere sui giornali quanta violenza anche dentro le mura domestiche, quanti attriti, incomprensioni, rancori covati e poi esplosi con atti di violenza inaudita e incomprensibile!
Possiamo anche vedere quanta conflittualità nei luoghi di lavoro, quante amare sorprese dei lavoratori di fronte ai tagli e alle cosiddette “delocalizzazioni” da parte di società che hanno come solo fine il profitto.

Tutto questo non può portare alla pacifica convivenza, perché genera contrapposizione, conflitto, sopraffazione, malcontento, molto spesso disperazione e depressione. Un troppo fragile ordine sociale porta ad un altrettanto fragile ordine mondiale; forse il nodo è tutto qui!

Fratelli e sorelle carissimi, la soluzione ai problemi del mondo può essere trovata solo se tutti compiremo uno sforzo di comprensione e di dialogo nel nostro modo di relazionarci.

E questa preghiera che facciamo insieme, dinanzi a Gesù presente nel Santissimo Sacramento, è l’espressione forse più incomprensibile, ma anche disarmante e intensa di una relazione di amicizia e di amore con Colui che ha voluto donare se stesso per dare la vita a chi lo cerca come Autore della pace e Signore delle coscienze e dei cuori!