Il cardinale ci guida alla scoperta de “Le meraviglie dei Musei Vaticani”
“Artista e credente compiono insieme quel processo che Dante in modo folgorante aveva inciso in questo motto: ‘All’etterno dal tempo’, cioè raggiungere l’infinito e il trascendente partendo e operando nella realtà storica completa”.
Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia sacra, entra nelle stanze dei Musei Vaticani, e nel silenzio irreale, visti i milioni di persone che si avvicendano di giorno in quel dedalo di ulteriori musei e collezioni, compie un viaggio quasi iniziatico alla riscoperta della dimensione più intima, nascosta – ma nel contempo reale – di un luogo che tutto il mondo ci invidia.
Questo “Le meraviglie dei Musei Vaticani” (Mondadori, 282 pagine con un’appendice di tavole a colori) è una sorta di diario di questo viaggio oltre il limen sacro, là dove l’arte non è più solo arte, ma diventa, come nel brano che abbiamo posto all’inizio del nostro articolo, fusione di linguaggi, legame con lo spirito, con la poesia, con il genio complessivo dell’uomo che si cerca andando oltre se stesso.
Il libro, infatti, non è una semplice guida ai Musei, tutt’altro. Ravasi qui e là non nasconde la gioia di essere nel silenzio, lontano dai clamori e spesso dalle espressioni dissacranti dei visitatori meno avvertiti, accompagnato soltanto dalla amichevole presenza del lettore che lo segue condividendo con lui emozioni e, nonostante la approfondita conoscenza, trasalimenti improvvisi.
Il nostro interesse per questo libro-viaggio è perciò non legato esclusivamente alla disciplina della storia dell’arte, ma umanistico, nel senso più profondo del termine, perché le considerazioni di Ravasi mettono in gioco l’essenza stessa del fare e del fruire cultura.
E’ questo uno dei libri in cui si chiarisce meglio il legame inscindibile che c’è tra una singola disciplina artistica e tutto l’universo che è alla base della sua comparsa, fatto di grande e piccola storia, letture, suoni, amore e odio, clima e colori: la vita, infine. Ma non solo reperti mobili e quindi quadri, busti e altri reperti. Davanti al Giudizio Universale pontefici e comuni visitatori hanno sostato in attonito e sgomento silenzio, e anche Ravasi non può fare a meno di dedicare commosse pagine all’opera per eccellenza della Sistina. E di riportate altre pagine, per esempio quelle di Gabriel Garcìa Marquez a proposito del giudizio finale che sarà quello dell’amore, un amore non gridato e non trasformato letterariamente in mito, ma riconosciuto, al termine del viaggio terreno, negli affetti più umili. Come scrive Màrquez, “se c’è una cosa per cui nel giorno del Giudizio Universale dovranno ‘condannarti’, è che hai avuto l’amore in casa e non hai saputo riconoscerlo”.
Ma la storia dei Musei Vaticani è anche la storia con la maiuscola, quella dei grandi eventi, come l’astro di Napoleone, che è stato divulgato forse in modo ancora superficiale, soprattutto nei suoi rapporti con le altre culture europee, venato talvolta da un centralismo e da un cesarismo anche intellettuale che lo hanno portato a depredare le grandi culture: in un paragrafo intitolato non a caso “la grande rapina” Ravasi snocciola le cifre di un saccheggio non ancora risarcito completamente: “solo per rendere l’idea, i materiali archeologici e storico-artistici sottoposti a trasferimento occupavano 506 numeri dell’inventario francese”. Tra di esse il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere, la Trasfigurazione di Raffaello. Merito del grande Canova, nominato allora ispettore generale dei Musei Vaticani, è stato quello di riuscire a riportare a casa 249 di quegli inestimabili capolavori, patrimonio dell’umanità intera.
Un viaggio nella storia, dunque, di cui l’arte è parte integrante, anche se talvolta essa ha lo spesso ingrato compito di andare oltre i tempi. Come scrisse la studiosa d’arte Cristina Acidini, “dopo la volta della Sistina la creazione spaziale in pittura non sarebbe stata più la stessa nell’arte dell’Occidente”.