Tangentopoli si fa “drama”

In autunno andrà in onda su Sky Atlantic “1992”, una serie drammatica

Ricordate Tangentopoli? Certo, come dimenticarla? In fondo non è così difficile tenerla a mente: cambiano i nomi, cambiano le situazioni ma il canovaccio è sempre lo stesso di 22 anni fa. Imprenditori e politici fanno affari sporchi con soldi pubblici alle spalle dei cittadini, sempre meno ingenui ma sempre più ignari. Sembra un copione già scritto, al punto che quasi quasi ce lo aspettiamo periodicamente e ciclicamente.

Qualcuno ha pensato addirittura di ricavarne una serie per il piccolo schermo: nel prossimo autunno andrà in onda su Sky Atlantic “1992”, una produzione firmata da Giuseppe Gagliardi che si propone come un “period drama”, una serie drammatica dedicata a un periodo storico. Stando a quanto i produttori hanno annunciato, la fiction in questione sarà un vero e proprio melodramma, raccontato sullo sfondo di eventi e personaggi reali, ispirato al modello narrativo di “American Tabloid”, in cui la vita di sei persone comuni si intreccia con il terremoto politico e sociale innescato dall’inchiesta “Mani Pulite”. Fra i protagonisti, quello Stefano Accorsi che nella serie interpreta un esperto di marketing dal passato oscuro e che – a quanto riportano le cronache – è stato fra gli ideatori del progetto televisivo.

Basta guardare le foto di scena che hanno accompagnato le anticipazioni dei giorni scorsi per capire lo stile della produzione. Si vedono in primo piano gli attori che interpretano Gherardo Colombo (Pietro Ragusa), Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi) e Piercamillo Davigo (Natalino Balasso), vestiti e truccati a immagine e somiglianza dei magistrati protagonisti (loro malgrado) di quegli anni.

La storia è quella di Leonardo Notte (Stefano Accorsi), che nel 1992 ha l’occasione professionale della sua vita, ma si trova costretto a fare i conti con se stesso e con la figlia dentro una ragnatela di malaffare in cui si intreccia il destino di corruttori e corrotti. La vicenda di Tangentopoli è narrata dal punto di vista di un agente che lavora con Di Pietro e, durante le indagini, finisce per innamorarsi della figlia di un inquisito. Intanto, un reduce della prima Guerra del Golfo si ritrova eletto in Parlamento e, mentre impara l’arte del potere da un democristiano di lungo corso, incontra una soubrette travolta dal crollo della Prima Repubblica, in cerca di nuova fama nel mondo dello show.

Pare che il montaggio abbia attinto a piene mani a immagini giornalistiche di repertorio, sapientemente intrecciate con la rappresentazione attoriale e la messa in scena sull’onda della verosimiglianza, tipica del genere. Giusto per capirsi: la scena di apertura mostra l’interprete dell’allora Presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa (un “mariuolo”, lo definì Bettino Craxi) che getta frettolosamente in un water i soldi delle tangenti. Da lì scattò ufficialmente l’inchiesta Mani Pulite, che provocò lo sconquasso che ancora ci ricordiamo.

Ancora una volta si mescolano realtà e finzione con un approccio che, fino a prova contraria, rischia di confondere i due piani. Le dichiarazioni dei responsabili della serie, prodotta da Sky in collaborazione con La7, non aiutano a sciogliere l’ambiguità potenziale. Spiega la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi: “I nostri protagonisti non sono i veri personaggi. Abbiamo incontrato magistrati, giornalisti e politici per farci un’idea e poi costruire personaggi di finzione, archetipi inseriti dentro il racconto. Anche se la storia intorno è vera, loro sono finti”.

Il problema è che noi spettatori siamo talmente abituati a vedere la realtà raccontata attraverso le modalità spettacolari tipiche della tv da rischiare di perdere il senso del confine – e del limite – fra vero e falso, oltre che fra lecito e illecito. E questo è un tema da non sottovalutare.