Sul bivio di “AnaMia”

Il Ministero per le Pari Opportunità in campagna nazionale cross-media, ha realizzato nel luglio del 2009 uno spot contro anoressia e bulimia nervosa, ancora in condivisione su Youtube, dove il leitmotiv portante e di forte impatto emotivo recita: “Se ami qualcuno dagli peso”.

 

A volte si percepisce come un grande vuoto da colmare, una voragine nello stomaco ed è come se l’orientamento si snodasse dal ventre, squarciato, per affacciarsi alla vita da un punto di vista viscerale e realizzare che quella sensazione di vertigine e smarrimento è solo una mancanza di comprensione. Questa è la fragilità di una vita perfetta cui all’apparenza non manca nulla ma che nel silenzio della solitudine prova a sussurrare: «Dammi peso, dammi anestetiche attenzioni, dammi amore!»

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono riscontrabili in percentuali allarmanti nei giovani e non solo e vengono troppo spesso superficialmente bollati come capricci e bizzarre manifestazioni egocentriche. Bisognerebbe avere la consapevolezza che minimizzare può essere pericoloso ed incosciente, l’attitudine alla banalizzazione sfiora l’immoralità più bieca e fa perdere di vista un problema vero e serio che deve essere riconosciuto in tempo e trattato come una vera e propria patologia.

Nei DCA (obesità, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata e picacismo) il cibo si configura come il canale preferenziale attraverso il quale si realizza ogni tentativo di comunicazione tra l’individuo e la sua sfera affettiva.

Il pensiero del nutrimento comincia a dominare tutta l’esistenza e ad essere un’ossessione costante, si finisce per perdere il ricordo, se mai lo si è avuto, di come si viveva senza il sintomo. Ad ogni risveglio la mente si sintonizza su una sola ossessione, “to eat or not to eat, that is the question”. Mangio tutto o non mangio niente?

Il timore di potersi riscoprire fragili e vulnerabili è per il soggetto affetto da “AnaMia” una minaccia da eludere e nel rapporto con il cibo tutto sembra misteriosamente semplificarsi e concentrarsi, dare la soluzione. È facile e perdutamente distruttivo purtroppo.

Anche ora, in un ipotetico angolo di questo mondo, in una qualunque via di un’immensa metropoli o in un piccolo appartamento di città, forse proprio a Rieti, in questo preciso istante, in cui tu lettore stai leggendo, un ragazzo o una ragazza, un uomo o una donna o più semplicemente un probabile “Io” confuso si ritrova disperso nel proprio nulla con il solo inconsapevole desiderio di annientarsi in un nichilismo struggente.

Sta ingurgitando “junk food” senza sosta o sta saltando un pasto in un compulsivo rituale di mortificazione del sé solo per sentirsi leggero/a, o peggio ancora, dopo aver perso il controllo in un’abbuffata luculliana, cerca disperatamente di procurarsi forti conati. L’angoscia è tutta concentrata nella gola, dove le vivande entrano o escono. Quel soggetto confuso ha fatto la scelta sbagliata di dominare e gestire ciò che è naturale, attraverso comportamenti eccessivi che profanano e puniscono il corpo come unico mezzo per sentirsi forte.

Ok allora sì, ora siamo a Rieti, ti porto con me lettore, trasferiamoci dalla carta alla città, proprio qui nella nostra piccola provincia, e ti dico che siamo in molti a convivere da tempo con questi problemi. C’è perfino un progetto di servizio civile approvato dal nome “Under Pressure” impegnato nello sviluppo di un percorso di prevenzione e sensibilizzazione per dare una risposta omogenea e specifica a questo disagio. È importante. Informare, seguire, ascoltare, aiutare.

È come nel monologo iniziale di “Match Point”, la pallina può colpire il nastro e fermarsi, a questo punto può cadere un attimo prima della rete o andare oltre e cadere al di là di questa, sono solo due opzioni ed hanno conseguenze antitetiche. La fortuna è riuscire a capire prima di precipitare in quale direzione si stia andando.

“AnaMia” è una parola con un suono dolcissimo ma mellifluo. Il senso è agghiacciante. Ana (anoressia) e Mia (Bulimia) sono lo stesso demone, il difficile è riconoscerlo, dargli peso appunto e sconfiggerlo, far si che quella pallina vada oltre per vincere la partita.

Basterebbe un abbraccio. Un abbraccio in certi momenti sarebbe come tutto il mare del mondo.

di Francesca Supplizi e Matteo Marchionni