San listino e le paure inconfessabili dei cooptati

Immagino lo stato d’animo dei nominati alle ultime tornate elettorali, Parlamento e regioni, dove funzionano i così detti listini. Non ne faccio un problema di schieramento, se rosso, nero o bianco. Abbiamo visto “all’opera” – negli ultimi venti anni – la classe politica succedutasi, e la relativa assenza di serie riforme. È stato tutto un vivacchiare alle nostre spalle. Ci sono ancora personaggi eletti agli inizi degli anni ’80 che sostano tra Camera e Senato. Manco a dirlo, il limite di mandato non lo fissano mai, e men che meno il vincolo di mandato, così che, in caso di difficoltà possono riciclarsi e buttarsi un po’ qua e un po’ là, l’importante è rimanere inchiodati alle poltrone.

Cosa faccio se esco da queste istituzioni in cui ricevo stipendi quadrupli/quintupli rispetto alle persone comuni, non ho orari, presenzio un pò qui e un pò là, insomma faccio sostanzialmente una bella vita alla faccia di chi si fa il mazzo durante il giorno?

Chi ha fatto questa vita per diversi lustri, alla sola parola lavoro presenta conati di vomito. L’unica speranza rimane “san listino”, scelti in barba al volere del popolo. Ci ritroviamo con questa classe (s)dirigente perché operano sulle nostre teste con un fare da cupola maf.osa (così vuole l’interpretazione vittimista), o più semplicemente non siamo più in grado di proporre persone autorevoli alla guida di questo Paese, e quindi questi personaggi che si susseguono sono la fotografia impietosa di noi italiani? Ho utilizzo i puntini, perché nel clima autoritario del politicamente corretto, la censura non vede l’ora di trascinare in tribunale tutto quanto reputa sconveniente, tutto ciò che mina la sua autoconservazione.

P.s. qualunquismo e antipolitica sono le risposte pavloviane dei convegnari professionisti.