Rio +20: salvare la Terra

A 20 anni dal primo summit a Rio entra nel vivo la Conferenza Onu.

È entrato nel vivo, con l’arrivo dei leader del mondo, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile Rio+20, in corso fino al 22 giugno a Rio de Janeiro, a 20 anni dalla prima Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo svoltasi nel 1992 sempre a Rio. Sono attesi oltre 100 leader – un numero al di sotto delle aspettative, con grandi assenti come Obama, Merkel, Cameron e Monti, impegnati dal 18 al 19 giugno al G20 di Los Cabos (Messico) –, più di 190 governi coinvolti (compresa la Santa Sede) e 50 mila partecipanti. In contemporanea al grande evento Onu si sta svolgendo l’incontro delle organizzazioni della società civile (la Cùpola dos povos). Anche la Chiesa cattolica vi partecipa attivamente. Una sfida che si annuncia difficile: 20 anni dopo Rio le emissioni globali di anidride carbonica (il principale gas serra) sono aumentate in media del 36%, con i Paesi emergenti (Cina e India in prima fila) che vedono un aumento del 64%. La Terra ha perso il 12% della propria biodiversità (dati Onu). La scommessa è di riuscire ad avvicinare le posizioni tra Paesi industrializzati e Paesi emergenti. Tre gli obiettivi: rinnovare l’impegno della politica nei confronti dello sviluppo sostenibile, verificare il progresso fatto negli accordi già presi e individuare nuovi limiti all’inquinamento. Sette i temi prioritari: posti di lavoro “verdi”, energia, città sostenibili, sicurezza alimentare e agricoltura sostenibile, acqua, oceani e capacità di fare fronte ai disastri. Patrizia Caiffa, per il Sir, ne ha parlato con Matteo Mascia, esperto di politiche ambientali della Fondazione Lanza.

Vent’anni dopo, di nuovo in Brasile per cercare di salvare la Terra. Quale bilancio?

Un bilancio a luci e ombre, visto che si parla di sviluppo sostenibile, quindi di un nuovo modo di produrre e governare. Le luci sono sicuramente molte: la questione della sostenibilità è oggi nell’agenda di tutti i governi. A Rio 1992 è stata approvata la Convenzione sul cambiamento climatico, abbiamo il Protocollo di Kyoto e l’avvio di una seconda convenzione vincolante con misure vincolanti per limitare le emissioni che causano inquinamento. In questo momento il processo è bloccato, però è partito. Con Rio si è avviata l’Agenda 21, il piano di azione per lo sviluppo sostenibile, che ha dato il via a iniziative e politiche a livello locale, nazionale e internazionale. È cresciuta la cultura della sostenibilità anche a livello scientifico, con indicatori come l’impronta ecologica, diventati punto di riferimento. La scienza è oggi capace di prevedere possibili scenari nei cambiamenti climatici. Anche da un punto di vista economico sono stati fatti enormi passi in avanti: la responsabilità sociale delle imprese, gli strumenti per evidenziare quali sono i prodotti sostenibili o meno, l’efficienza energetica, lo sviluppo delle energie rinnovabili. Dal punto di vista sociale oggi, rispetto a vent’anni fa, c’è più consapevolezza sulla necessità di cambiare gli stili di vita e adottare una diversa cultura del consumo.

Quali, invece, gli aspetti negativi?

L’inquinamento è continuato ad aumentare, c’è maggiore consumo di materie prime, di carne, di verdure. La macchina ha continuato a correre, anche perché in questi 20 anni sono cambiati gli attori sulla scena. Oggi Paesi come Cina, India, Brasile e Sudafrica promuovono sviluppo e crescita economica, mentre i nostri Paesi sono in piena crisi. Per questo dobbiamo cercare nuovi equilibri.

Molti sono scettici sul successo del summit. Come equilibrare le posizioni tra Paesi?

“Ci saranno pochi capi di Stato rispetto al 1992. Questo è già un segnale. La crisi economica sta segnando pesantemente le scelte e le prospettive dei Paesi ricchi. In questo senso il tema ambientale è ancora considerato non risolutivo. Bisognerà trovare delle modalità d’incontro, dialogo e comprensione tra Paesi. Non fissarsi su vincoli e problemi ma cercare invece delle soluzioni convenienti per tutti. Ossia trovare cibo, acqua ed energia per tutti. Rio+20 arriva in un momento particolarmente delicato e difficile ma credo che il cambiamento sia già in corso nei contesti locali e nazionali”.

A Rio c’è una buona presenza della componente cattolica. Quale contributo?

Dagli ultimi interventi di Benedetto XVI su crisi economica, crescita e sviluppo, emerge con chiarezza che il tema della custodia del creato deve oggi essere centrale nell’agenda dei governi. A partire da queste riflessioni la Chiesa cattolica può offrire un importante contributo etico-culturale di riferimento e di obiettivi. Inoltre nel mondo cattolico si stanno muovendo molte belle esperienze: in Germania ci sono processi per introdurre il fotovoltaico in tutte le chiese, in Italia è attiva la rete interdiocesana sugli stili di vita. È un’azione di carattere educativo.

Quale potrebbe essere, dunque, un risultato soddisfacente del summit?

Un documento finale in cui si riconfermino i principi fondamentali di Rio, s’individuino i nuovi obiettivi, ripensando il fatto che lo sviluppo passa attraverso un’azione congiunta tra Paesi ricchi, emergenti e poveri. Porre alcuni principi e criteri per guidare la green economy del futuro e monitorare il processo di economia sostenibile. Rilanciare con forza la necessità di andare oltre il Pil. Siamo tutti consapevoli che il Pil non misura più la ricchezza di un Paese, creata da aspetti non solo economici ma anche culturali, sociali ed ambientali. E poi ripensare l’Unep, l’agenzia dell’Onu per l’ambiente, per porre questi temi nell’agenda internazionale.