Rieti, non è una città per giovani?

Rieti, una città per bambini ed adulti. Ma lo spazio per i giovani?

informa-giovaniForse non è solo un luogo comune: Rieti sembra essere sempre meno ospitale. Almeno per le generazioni “di mezzo”. Parliamo delle persone con una età compresa tra gli anni della maturità e i trentacinque (a volte anche oltre).

A questa “fascia universitaria” la città non offre molto. C’è il rituale assembramento del fine settimana tra piazza Vittorio Emanuele II ed il ponte romano, e questo è tutto.

Non è che manchino le occasioni di incontrarsi. È che spesso si è sempre i soliti. Sono tanti, infatti, i giovani che si trovano costretti ad “emigrare” verso altre città, magari anche vicine, a causa della nostra deprimente offerta universitaria. E non è per niente raro che al termine degli studi si trovino a fermarsi nella città universitaria perché ci trovano il lavoro che non troverebbero mai a Rieti.

Pazienza se quei cento euro in più a fine mese se li mangiano il maggiore costo della vita e la lontananza. Così è il lavoro oggi: ti tiene in vita, ma non te ne lascia. Ti dà il pane, ma ti sottrae agli affetti. Ti dà un tetto, ma rendendoti esule.

Ma questa è un’altra storia. Torniamo a guardare la città. Negli anni si è venuto a creare una sorta di “buco” generazionale. Contribuisce a trasformare il capoluogo in un’oasi per neo famiglie e pensionati.

Va bene, non esageriamo. Magari non sarà proprio un’oasi. I problemi ci sono per tutti. Ma l’offerta per i giovani è davvero in caduta libera. Il numero dei locali che non arrivano a festeggiare la prima candelina è un dato significativo e sotto gli occhi di tutti. E anche le chiusure di locali storici come il Castle Rock Pub o l’Hippo Pop Cafè, sono brutti segnali.

Sono sintomi dell’aggravarsi del quadro economico del nostro capoluogo, già fortemente compromesso da prima della crisi. E magari di una difficoltà ad accordare domanda e offerta. Non a caso diverse attività oggi si sono “riconvertite”. Hanno fatto di necessità virtù e ridimensionato tutto alla dimensione dell’aperitivo.

Vuol dire spendere meno di cinque euro per bere un drink, spizzicare qualcosa ed avere l’ospitalità in un locale “camuffato” da disco pub. Un po’ di tempo da passare con gli amici a cavallo dell’ora di cena. In fondo è un modo per far finta che le cose vanno ancora bene, nonostante ci sia poco da spendere e poco da incassare.

Chissà se una università più forte sarebbe d’aiuto! Forse frenerebbe la spinta alla migrazione di massa. La città non si svuoterebbe e arriverebbero pure studenti da fuori. In fondo Rieti potrebbe essere una valida alternativa ai poli universitari congestionati che ci circondano.

Con l’ateneo sotto casa le famiglie reatine spenderebbero un po’ meno per far studiare i figli, e qualcuno potrebbe pure iniziare a guadagnare affittando qualche camera.

Di sicuro lavorerebbero un po’ di più anche i “locali-pub-ristoranti-negozi”. Ci sarebbero più possibilità per i settori commerciali vicini all’ambito universitario, e forse salirebbe un po’ di livello anche il nostro dibattito culturale!

E allora lasciateci lamentare: per troppi anni la politica locale, e quella che avrebbe dovuto rappresentarci nelle due Camere, ci ha abituato alle parole senza fatti.

I giovani di oggi invece sembrano avere bisogno di risposte concrete. In tanti c’è l’idea di voler recuperare terreno dal punto di vista sociale, culturale ed economico. Oggi c’è una gran voglia di vivere, studiare e lavorare nella propria terra natale. Speriamo che in tanti si impegnino per questo.

di Matteo Targusi e Michela Beccarini