Bisogna riconoscerlo: a Rieti c’è vita. In questi giorni, ad esempio, si assiste al conflitto tra i movimenti dell’autodifesa urbana e ambientale e gli amanti dello street-skating.
La battaglia si svolge sul tetto del parcheggio coperto, noto anche come piazza Mazzini. La scelta di marmi stile impero e l’inserto di piccole rampe, gradini e altri elementi di arredo urbano la rendono irresistibile per i patiti della tavola a rotelle.
Peccato che quest’uso della piazza da parte degli skaters può creare problemi di sicurezza e incolumità dei passanti e soprattutto incidere sul degrado di strutture già infelici per proprio conto.
Chi si oppone allo skateboard ha dalla sua il Codice della strada e un segnale di divieto di origine Comunale. Chi lo pratica rivendica l’uso dello spazio pubblico in assenza di concrete alternative.
«C’è un’area apposita nel parco di via Liberato di Benedetto» fa notare qualcuno (su Facebook, manco a dirlo). «Peccato che in quello spazio, adibito solo allo skatebaord, ci sono genitori che fanno girare bimbetti coi pattini, i monopattini, le biciclette e chi più ne ha più ne metta» ribattono gli skaters. Il tutto (ma guarda un po’) in barba al cartello in bella vista.
Che sia questo il punto? Il guaio non è tanto nello skateboard, quanto nella mancanza di rispetto per le regole. Che poi è un altro modo per chiamare l’egoismo, lo strabordare dell’io, il disprezzo del prossimo. Ma a Rieti è un male diffuso.
È la logica del «per me non vale». È l’idea che in fondo, se mi fa comodo, la piccola infrazione ci può stare. Lo vediamo spesso in certi parcheggi improbabili: «tanto è solo per cinque minuti». Ma chi si trova a passare proprio in quel momento si deve arrangiare. E quando ogni piccola eccezione diventa la norma la città diviene invivibile.
«La piazza non l’hanno mica rotta gli skaters» notano mamme interventiste e protettive. «La colpa è dei camion e degli stand delle fiere». In gran parte hanno ragione: “Skateboarding is not a crime”. Ma dovrebbero pure ammettere che anche tavole e rotelle qualche segno lo lasciano. E che il piacere di pochi appassionati non può diventare un disagio per le altre persone, né un danno – sia pure minimo – alle cose di tutti.
Fatto questo passo avanti potremo discutere della cronica mancanza di spazi, della difficoltà che la città dimostra nell’accogliere nuove culture e sottoculture, delle insufficienze dell’amministrazione nelle proposte e nei controlli. Magari cercando di ragionare e impegnarci tutti insieme per rendere Rieti più bella e più libera.
Di sicuro in città c’è spazio per tutti. E forse per migliorare non occorrono grandi sforzi: basta dire un po’ meno «io» e un po’ più «noi».