Il Decreto della Regione Lazio del 4 luglio scorso, riguardante la riorganizzazione della Rete pubblica dei Laboratori di Analisi del Lazio, contiene pessime notizie per la sanità reatina. Il laboratorio del San Camillo de Lellis, unico laboratorio pubblico della nostra provincia, riconosciuto come una struttura di eccellenza, verrebbe ridimensionato drasticamente perché il volume di attività sarebbe inferiore a quanto previsto nel decreto stesso.
Il decreto legge del 2007, a cui quello del 4 luglio fa riferimento, prevedeva una importante razionalizzazione della medicina di laboratorio, salvaguardando però la dimensione clinica della specialità, che la nostra ASL, al contrario di altre, ha attuato completamente; ma ciò non è bastato e ora si tenta di trasformare l’unico laboratorio di tutta la provincia in un laboratorio di base che eseguirà pochi esami e solo per i pazienti ricoverati.
Tra l’altro nel nostro territorio la quantità di prestazioni erogate dai laboratori privati convenzionati è pari a circa un terzo del totale, mentre nella Capitale è esattamente l’inverso. Forse lavorando in quella direzione si troverebbero i risparmi cercati.
In ogni caso le prospettive adesso sono le seguenti: il Laboratorio Analisi eseguirebbe solo gli esami urgenti e un limitato pannello di esami routinari relativamente ai pazienti ricoverati. Tutto il resto, esami di appena più elevata complessità che da anni vengono eseguiti, ma anche quelli di base relativi ai pazienti ambulatoriali di tutta la provincia, sarà compiuto nel Laboratorio dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma, uno degli 8 Hub individuati dalla Regione.
Tutto avrà un costo, in quanto saranno necessari sostanziosi investimenti e un grande e difficile sforzo organizzativo per i trasporti dei campioni biologici e per la realizzazione dell’infrastruttura informatica. Per cui anche i ventilati risparmi (20 milioni) sono tutti da verificare.
Si tratta, quindi, di una scelta scellerata: non si tiene conto della particolari condizioni oro-geografiche della provincia e delle difficoltà dei collegamenti logistici (cosa invece tenuta ben presente per Formia pag. 13 dello stesso decreto “il Laboratorio di Formia mantiene una gamma analitica più ampia rispetto al base in considerazione della difficoltà dei collegamenti logistici soprattutto nel periodo estivo). E le nostre zone montane, soprattutto nel periodo invernale?
E’ chiaro che la logica dei numeri ci penalizza: oggi per la medicina di laboratorio e domani per ogni altra specialità. Si ha l’impressione che questo processo di razionalizzazione, così come è stato licenziato, sia sfuggito di mano alla politica regionale alla quale ci rivolgiamo per correre ai ripari.
Noi ci opporremo decisamente a questa ipotesi di razionalizzazione e non chiediamo altro che lo stesso trattamento riservato alle altre province laziali dove sono previsti laboratori con funzione Hub.
Se poi la scelta politica della Regione Lazio è quella di considerare la medicina di laboratorio come un esamificio, allora tanto vale pensare a un laboratorio unico dove concentrare tutta la produzione regionale. Sarebbe comunque una scelta miope che abbasserebbe il livello qualitativo delle prestazioni e non farebbe risparmiare cifre significative.
Infine lanciamo una provocazione: se le cose dovessero rimanere così, perché non prevedere l’Hub 5 invece che al San Filippo Neri di Roma al San Camillo de Lellis di Rieti in considerazione del fatto che i volumi di attività dei due Laboratori sono pressoché equivalenti? Oppure i numeri di Rieti non sono buoni per mantenere l’esistente ma ottimi per giustificare un Hub al San Filippo Neri?