Sono tutti concerti di grande qualità artistica quelli proposti nell’ambito del Master di Musica Antica in corso presso le strutture che gravitano attorno all’Istituto di musica sacra e al Comitato San Domenico di Rieti. E quello del 10 luglio, in particolare, è stato dedicato alla memoria del dott. Enzo Tarani, che al di là delle sue indiscutibili doti umane e mediche, è stato protagonista e promotore anche della produzione e promozione dell’organo Dom Bedos e della buona musica.
Del resto, se è vero che la musica è un fatto fisico, che richiede impegno, fatica e tecnica, è anche vero che questo sforzo parla direttamente all’anima e, secondo i casi, la eccita e l’entusiasma, oppure la quieta e la consola.
Per certi versi, allora, il Master ospitato a Rieti – dedicato alla ricerca della perfezione tecnica e interpretativa – apre in qualche modo a domande sul senso stesso del fare musica, del perché si decide di sedersi di fronte alla tastiera, di mettersi un violino sotto il mento, di soffiare dentro un flauto o un fagotto.
Sono gesti fin troppo corporei per un mondo che che grazie dal digitale ha reso tutto più liquido, leggero, impalpabile. Ma forse è anche in questa apparente incoerenza e mancanza di modernità che sta il fascino del concerto.