Pasolini e la Chiesa

Pasolini è una specie di caleidoscopio: come lo giri, appare un’immagine nuova e diversa, ma pur sempre coerente con l’impianto di base. Come per ogni altro argomento, rapportare lo scrittore friulano alla Chiesa e alla religione richiede per ciò un restringimento del campo e la scelta arbitraria di alcuni tratti rispetto ad altri, sapendo che rimane aperta la possibiltà di diverse direzioni di indagine.

Intanto vale la pena di puntualizzare come, sebbene talvolta riduttivamente sia stato considerato una sorta di nostalgico del mondo antico che va scomparendo, Pasolini non è il campione di una battaglia di retroguardia, ma un precursore che ha delineato con larghissimo anticipo alcuni temi propri del dibattito contemporaneo. In tal senso fu anche capace (e forse in questo fu ancora più incompreso che in altri settori) di prevedere il declino della fede all’interno della vuota tolleranza modernista legata al potere economico in via di affermazione.

Pasolini ha ben chiaro come il pensiero unico ha bisogno di annullare l’identità sociale del popolo attraverso la distruzione della stessa capacità generativa di tale identità. Il Potere punta alla costruzione di automi smemorati e spaesati, massificati, originariamente amorfi e quindi adatti ad assumere le forme di volta in volta necessarie alla nuova fede, la nuova religione del mercato globale e del Dio denaro.

Era ateo Pasolini, ma sapeva che il cristianesimo ha in sé una dimensione escatologica che preparando a vivere il futuro, la promessa del domani, contrasta radicalmente con l’idea piatta e totalizzante di un presente legato all’immediato e per ciò stesso privo di futuro e passato. Oggi che lo sgretolamento del modello cristiano sotto l’attacco della modernità è sotto lo sguardo di tutti, ci accorgiamo che la battaglia di Pasolini era giusta, che la difesa e la promozione dei grandi valori della solidarietà, dell’amore e del reciproco aiuto è necessaria, perché questi non trovano più realmente posto nella società ridotta a mera meccanica economica, in cui la prospettiva più alta sono il mercato e il guadagno.

Pasolini denunciò per tempo come la cultura di massa allontana dai modelli cristiani, come il consumismo sia capace di declinare in modo strumentale i modi di sentire delle persone per svuotare di senso la morale cattolica. Per tempo chiese ai cristiani di tenere fermo il proprio ruolo culturale attraverso il convincimento e l’esempio. Il tutto senza rinunciare al proprio anticlericalismo, coltivato contro una Chiesa che in quanto potere non poteva che essere socia del Potere (con la maiuscola) e quindi motore del proprio stesso disfacimento.

Ciò scontato, da ateo vedeva nella Chiesa una riserva di valore, un baluardo di senso: per questo la invitava paradossalmente a passare all’attacco, «ad esser guida di tutti coloro che rifiutano il nuovo potere consumistico, irreligioso, violento, falsamente tollerante, corruttore, degradante». L’ateo marxista Pasolini aveva insomma molti nessi col cristianesimo: «nel mio ateismo – diceva – si possono sempre trovare quei momenti d’idealismo, disperazione, volontà conoscitiva, fede, altrove si trova solo mammona».

Pasolini sapeva che il male profondo del benessere in quanto tale è la sua incapacità di portare autentica gioia. Critica allora lo sviluppo economico perché non ci vede alcun progresso, nessuna reale prospettiva di felicità per l’umanità («Non è la felicità che conta? La condizione contadina o sottoproletaria sapeva esprimere nelle persone che la vivevano una certa felicità reale. Oggi la felicità con questo Sviluppo è andata perduta… esso dà angoscia»).

Incontrando prematuramente la morte, Pasolini non fece in tempo a vedere il crollo del muro di Berlino, eppure non è irreale che potesse far propri certi temi di Giovanni Paolo II quando parla dell’illusione di chi «caduto il comunismo» pensava che «la democrazia avrebbe portato automaticamente prosperità e ricchezza… e invece ha gettato nella povertà migliaia di famiglie», quando contestava che i problemi lasciati aperti dai sistemi comunisti si potessero risolvere con il modello capitalista «consumistico, edonistico, ateo» mentre «bisogna rinunciare agli idoli che sono il benessere a qualsiasi costo, alla ricchezza materiale come unico valore».