Monsignor Molinari ritrova la “sposa bella”

Presentato anche in città il libro sugli anni trascorsi da vescovo a Rieti.

Nel suo libro di memorie intitolato “Piazza Duomo 33” (titolo che, come si intuisce, fa riferimento all’indirizzo del suo vescovado aquilano abbandonato precipitosamente quella fatidica notte del terremoto de 6 aprile 2009) aveva parlato della diocesi reatina prendendo in prestito il titolo di un romanzo di Bruce Marshall, “La sposa bella”. Questo, scriveva Giuseppe Molinari, «il ricordo che ho proprio di quella Chiesa: una sposa bella, una sposa meravigliosa che va amata, curata e che ricambia il tuo amore con doni dolcissimi». Non l’ha dimenticato, questo amore, la comunità reatina, che ha accolto lieta l’idea di un volume che ripercorresse i momenti più salienti di quei sette anni di episcopato trascorsi da monsignor Giuseppe nell’umbilicus Italiæ e che numerosa ha partecipato alla serata in cui il libro curato dall’ex direttore di «Frontiera» Luciano Martini, dopo gli anteprima agostani a Leonessa e a Borgo San Pietro, è stato presentato in città.

Il titolo inizialmente pensato per questo testo faceva proprio riferimento a questa immagine della “sposa bella”. Poi per ragioni editoriali si è optato sul titolo “E venne il Buon Pastore”. Ma il clima della serata, assieme all’idea di un pastore buono che ama il suo gregge, ha richiamato fortemente anche questa suggestione “sponsale”, offrendo ai tanti reatini intervenuti nella bella cornice dell’ex chiesa di S. Scolastica l’occasione di manifestare quell’affetto profondo mai venuto meno verso l’attuale arcivescovo emerito dell’Aquila. A fare gli onori di casa colui che gli è succeduto sulla cattedra episcopale di Rieti raccogliendone il testimone di “buon pastore”: monsignor Delio Lucarelli, prendendo la parola all’inizio dell’incontro moderato da Fabrizio Tomassoni, ha tenuto a esprimere il profondo legame che lo unisce al suo predecessore, sin dai giorni in cui fu lui ad annunciare la sua nomina a vescovo di Rieti e dal momento della sua ordinazione episcopale in San Pietro alla quale Molinari non era voluto mancare. Prima di passare il microfono al relatore della serata, hanno rivolto il saluto anche il sindaco Simone Petrangeli e il consigliere regionale Daniele Mitolo, quest’ultimo uno dei giovani che ai tempi dell’episcopato di don Giuseppe animarono quel convegno giovanile che costituisce uno degli elementi cardini della sua esperienza reatina e che nel libro è ampiamente ricordato.

Sette anni di ministero episcopale, sintetizzati in brani di articoli, foto, testi vari cuciti insieme da Martini per rispondere, come egli stesso ha poi spiegato, a due scopi: sopperire alla grave perdita, per monsignor Giuseppe, di tanti ricordi dei suoi anni reatini, finiti sotto le macerie dell’episcopio aquilano gravemente danneggiato dal sisma; e poi – come già avvenuto in passato per la raccolta di testi di monsignor Amadio che curò don Giovanni Benisio e per il volume di memorie dell’episcopato di Trabalzini firmato da don Luciano Candotti – dare l’opportunità alla diocesi reatina di un nuovo tassello nella pubblicistica volta alla conservazione delle proprie memorie riguardanti le esperienze ecclesiali degli ultimi anni. Un altro reatino, monsignor Lorenzo Chiarinelli, anche lui ora vescovo emerito di una diocesi (quella viterbese), ha voluto ripercorrere, nell’illustrare il libro curato da Martini, gli anni Novanta che videro Molinari alla guida della Chiesa dal cui clero egli proviene e dove ora è tornato a risiedere.

Don Lorenzo ha richiamato quegli anni che fecero da cerniera tra l’entusiasmo del post Concilio e le ansie e inquietudini del nuovo millennio, inquadrandole nel cammino della realtà reatina e della società e Chiesa italiana. A richiamare la memoria di esperienze che videro la città in dialogo con il pastore venuto da L’Aquila e poi ritornatovi, anche i due sindaci dell’epoca, quello che accolse Molinari al suo arrivo a Rieti e quello che guidò il capoluogo fino al suo congedo: Paolo Tigli e Antonio Cicchetti. Anni ricchi di bei ricordi, ha ancora una volta voluto dire, a fine serata, monsignor Giuseppe, prima di fermarsi ancora a lungo, terminato l’incontro, a firmare dediche, stringere mani, abbracciare volti ogni volta da lui ritrovati con gioia.