Mons. Pompili: «Cercare Dio in tutte le cose: Lui ci precede sempre»

Cos’è la Chiesa? A cosa serve? Sono le domande di fondo che il vescovo Domenico ha voluto affrontare durante la Messa Crismale, celebrata in Cattedrale nel pomeriggio del 23 marzo. E al cuore di entrambe le risposte non può che esserci Gesù: «La Chiesa, anche quella che vive a Rieti e nel reatino, “si raduna” se tiene fisso lo sguardo su di Lui e vive l’attesa di ascoltarne la parola che ora si compie nella sua persona». Lo scopo della Chiesa è dunque di «rendere possibile questo incontro».

Al di fuori di questa dimensione, infatti, sarebbe solo «una organizzazione che si autoalimenta, che intrattiene per un po’ i ragazzi e qualche giovane, più abitualmente degli anziani, magari compie azioni di volontariato e realizza opere sociali. Ma così fan tanti!».

La Chiesa (lo ha ripetuto tante volte anche Papa Francesco) non è una Ong, ma «un gruppo di persone che vive in mezzo agli altri» (magari una minoranza), che resta «aperta a tutti e in attesa di Dio» grazie a Cristo, «che compie il miracolo, raccogliendo in unità persone diverse, sensibilità spesso agli antipodi, esperienze contraddittorie».

«Chi non raccoglie con me, disperde», ha ricordato mons. Pompili, è la Parola decisiva del Maestro: «può raccogliere solo chi è raccolto. Chi è lacerato, chi vive superficialmente, dissipato in mille distrazioni, sballottato da spinte ed ambizioni, come potrebbe lui che non è raccolto, raccogliere?». «Solo chi è raccolto, a sua volta, raccoglie, raduna e riunisce» ha sottolineato il vescovo, è una lezione che «vale in primo luogo per noi pastori».

C’è bisogno di pastori ‘raccolti’, concentrati sull’essenziale e non distratti. Specie oggi quando la società è scombussolata oltre che dal terrorismo, da problemi assillanti: il lavoro e la tenuta familiare. E spesso si fa strada la lotta di tutti contro tutti e si finisce per perdere il senso di un destino comune mentre ciascuno pensa di cavarsela per proprio conto. A maggior ragione, ne ha bisogno la nostra Chiesa che è frammentata in tante comunità, spesso piccolissime, che rischiano il senso dell’abbandono, se non c’è qualcuno che nella sua persona sappia far combaciare l’attenzione al singolo e la cura per l’insieme.

Un atteggiamento che non si può improvvisare: «Il punto di partenza è abitare con se stessi. Cioè, stare in compagnia di se stessi, senza spingersi sempre fuori dal nostro habitat più generativo, che è il silenzio. Solo così ci immergeremo nel nostro servizio fatto di piccole cose, all’apparenza ripetitive, grazie alle quali però passa la vita. Non molte cose, ma intensamente è lo stile che ne consegue».

Di qui l’invito a «Non moltiplicare alla rinfusa le iniziative, ma agire con costanza e qualità, a cominciare dalla vita sacramentale, di cui l’olio, il pane e il vino, l’acqua sono il segno più eloquente». E, infine, a «“cercare Dio”, in tutte le cose, riconoscendo la sua presenza e la sua azione nel mondo».

«Ben prima che arriviamo noi – ha concluso il vescovo – lui ci precede sempre».

Omelia della Messa crismale 2016

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