Le parole del Vescovo Lucarelli ai lavoratori

Omelia di mons. Delio Lucarelli, vescovo di Rieti, ai lavoratori riuniti in Cattedrale a conclusione della manifestazione a sostegno delle realtà produttive in crisi della città e provincia di Rieti condotta sul tema “Abbiamo tutti lo stesso problema”, promossa dall’Ufficio Diocesano per i Problemi Sociali e del Lavoro.

 

Carissimi, un anno fa, in tanti abbiamo partecipato ad una fiaccolata che sottolineò il grido che saliva allora e che sale ancora da tante persone e da tante famiglie per la difesa e per il ripristino dei posti di lavoro, di tanti posti tagliati negli ultimi anni nel nostro territorio.

In questo anno forse non sono cessati i tentativi di aprire varchi e bussare a tante porte per ridare fiducia e speranza a tutti voi, a tutti noi. Ad un anno di distanza sembra che ogni cosa sia ancora ferma dove e come l’abbiamo lasciata.

Oggi ci troviamo, dopo le testimonianze e gli interventi di alcuni di voi, a celebrare la Messa “per la santificazione del lavoro” con le letture del giorno che vorrei brevemente commentare per ricavarne qualche spunto.

Il titolo di questa Messa sembra quasi una beffa, compilato in anni in cui il lavoro non mancava di certo come nel momento attuale; oggi dovremmo chiedere la santificazione di qualcosa che non c’è!

Eppure una ragione in tutto questo la possiamo trovare.

Se il lavoro che c’è viene santificato, per dirla in termini quotidiani, se viene reso “pulito”, allora si genera altro lavoro. Il lavoro è come l’energia di cui parla la pubblicità, non c’è in natura, ma si crea; si può creare energia sporca ed energia pulita, così come si può creare lavoro sporco e lavoro pulito.

Ma cosa è questo lavoro sporco? Solo quello delle organizzazioni criminali?

Sarebbe molto impegnativo esaminare questo aspetto con meticolosa crudeltà e forse qualcuno potrebbe pure restarci male.

In questi ultimi tempi Papa Francesco ci sta abituando ad un linguaggio piuttosto schietto, come quando giorni fa ci ha detto che i soldi ricavati dalla corruzione sono “pane sporco” che si dà ai propri figli.

Il pane non è sempre pulito, come non lo è il lavoro, come non lo sono pretese e rivendicazioni che vengono fatte passare per legittime e magari sotto il profilo giuridico lo sono pure, ma non lo sono sotto il profilo sostanziale.

Come non sono sempre pulite operazioni volte ad “ottimizzare i guadagni” come si è soliti dire, a spostare in zone economicamente più vantaggiose produzioni divenute ormai insostenibili qui da noi, secondo l’interpretazione di chi le determina.

Il lavoro pulito è quello che è giustamente ed equamente retribuito, che non è pericoloso, è quello che non si basa sull’inganno, sulla produzione di ciò che è inutile, dannoso, contrario al senso del buono, del bello, del giusto, del bene.

Nel Vangelo di oggi abbiamo ascoltato il brano piuttosto conosciuto del giudice ingiusto e della vedova importuna, che viene ascoltata perché aveva stancato il giudice iniquo con le sue pressanti richieste e le sue insistenze: non abbiamo scelto questo testo, ma era assegnato alla giornata odierna, eppure sembra proprio fare al nostro caso, riguardare la nostra situazione.

La vedova insistente non si è scoraggiata di fronte alla immoralità del giudice; ha continuato a chiedere giustizia, come noi continuiamo a chiedere lavoro. La disperazione non ha avuto la meglio su di lei e non l’ha fatta desistere.

Mi ha colpito questa frase: “E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui”?

Queste parole sembrano pietre che ci vengono lanciate contro, che vengono lanciate contro chi assume decisioni gravi e devastanti per il nostro territorio, sembrano scritte per noi oggi, per tutti. Dio non ci farà vedere un po’ di luce, dopo questi anni di lotte e di impegno che non sembrano aver portato risultati?

E tutti coloro ai quali abbiamo chiesto di intervenire hanno veramente fatto quanto potevano?

Noi abbiamo tentato tutte le strade, come la donna del Vangelo, ma siamo ancora in attesa della decisione giusta.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato come Israele celebra la fine della schiavitù in Egitto, durata più di 400 anni: il Mare Rosso diventa una strada che porta alla Terra promessa. Che prove dure che ci vengono date, quale durezza e apparente ruvidezza!

Questi brani ci insegnano che le conquiste sono faticose, le trattative estenuanti, le delusioni sempre in agguato, i fallimenti e la disperazione dietro l’angolo.

Ma tirare i remi in barca e desistere, gettare la spugna, allentare la presa, è il peggiore dei risultati e il fallimento più pesante, la sconfitta più bruciante.

Non possiamo ormai più rimandare una seria riflessione sul lavoro che determini politiche del lavoro innovative e lungimiranti, a livello nazionale ma anche locale.

Secondo la dottrina sociale della Chiesa il fine, lo scopo del lavoro è il bene dell’uomo, non il contrario, cioè l’uomo non è per il lavoro; il lavoro è mezzo per il sostentamento e per la realizzazione delle aspirazioni più profonde dell’uomo, che sono aspirazioni spirituali.

Finché continuiamo a considerare il lavoro e il guadagno come fine e non come mezzo e l’uomo come mezzo e non come fine, non usciremo dalla crisi e non avremo nessuno spiraglio, c’è poco da illudersi.

Molti hanno denominato questa idea del lavoro, come la “terza via” della Chiesa, tra capitalismo e comunismo, ma forse non è una terza via, oggi appare come quella umanamente più praticabile.

È l’umanesimo cristiano che la traccia, ponendo l’uomo al centro, né il capitale, né lo Stato o la pura produzione per la collettività, ma l’uomo e la donna di ogni tempo e di tutti i tempi.

Carissimi, posso immaginare che molti di voi ritengono forse inutile e improduttivo tutto ciò, questa mobilitazione, queste riflessioni, queste preghiere.

Ma noi vogliamo essere insistenti come la vedova, speranzosi come i pii ebrei che avevano annunciato la fine della schiavitù in Egitto. Vogliamo sperare contro ogni speranza, perché vi sia un cambiamento radicale e una inversione del corso delle cose.

“Allora li fece uscire con argento e oro e nelle tribù nessuno vacillava”; è scritto così nel salmo 104.

Noi potremmo parafrasarlo così: allora li fecero tornare al lavoro per avere il giusto salario e nelle famiglie nessuno era nel bisogno.

Che si realizzi questa promessa; che Dio la ascolti, che i politici e gli imprenditori siano illuminati da questa Parola.