È stato un bel momento di condivisione e comunità quello vissuto nel pomeriggio di domenica 11 febbraio nella chiesa di Regina Pacis, in occasione della Giornata Mondiale del Malato. Un appuntamento che ha visto una grande partecipazione da parte dei fedeli e delle realtà che operano in favore dei sofferenti: personale medico e infermieristico, ma anche del mondo del volontariato sanitario, come l’Unitalsi e la Confraternita di Misericordia.
Il programma diocesano, proposto dall’Ufficio per la Pastorale della Salute, come di consueto ha previsto nei giorni precedenti un triduo di preparazione svolto nella parrocchia reatina, con al centro delle meditazioni il filo conduttore del tema dell’anno. Un pensiero che s’intreccia con il Messaggio di papa Francesco per l’occasione: «Non è bene che l’uomo sia solo». Curare il malato curando le relazioni.
Uno spunto che nell’atmosfera solenne è risuonato anche nelle parole del vescovo Vito, sottolineando l’importanza della vicinanza e della solidarietà in momenti di sofferenza e malattia. Nella sua riflessione, mons. Piccinonna ha fatto eco alle parole di papa Francesco ricordando che la cura dei sofferenti passa anche attraverso la cura dei rapporti umani. “Non è bene che l’uomo sia solo”, una verità semplice ma profonda, che invita a riconoscere nel malato non solo un destinatario di cure mediche, affidato all’apparato del sistema sanitario, ma una persona nella sua integralità, che necessita di attenzione, amore e comprensione.
Il Vescovo ha poi allargato lo sguardo alla sofferenza globale, richiamando gli orrori della guerra e della pandemia, e sottolineando come, dinanzi a tali calamità, la comunità non debba abituarsi o restare indifferente. Ha esortato a un risveglio della coscienza collettiva, a non normalizzare l’ingiustizia e il dolore, ma a mobilitarsi in un impegno concreto di solidarietà e supporto. Attraverso l’esempio del lebbroso guarito da Gesù, don Vito ha ricordato che Dio non è indifferente alla sofferenza umana, ma si fa vicino, toccando con mano le nostre ferite. Questo gesto di Gesù diventa modello per ogni credente, chiamato a non passare oltre di fronte al dolore altrui, ma a fermarsi, ascoltare e agire.
Il messaggio del Vescovo si è concluso con un invito alla comunità tutta, credente e non, a costruire una “cultura della vita” che metta al centro la persona, nella sua fragilità e nel suo bisogno di essere ascoltata e amata. Ha evidenziato come, al di là delle prestazioni sanitarie, ci sia il bisogno di un “di più” fatto di presenza, di ascolto, di accompagnamento, che solo un autentico senso di umanità può offrire.
Dopo un intenso momento di adorazione eucaristica, la liturgia lourdiana è stata vissuta all’interno della chiesa non potendo svolgere la prevista processione aux flambeaux a causa del maltempo. Un forte momento di riflessione e preghiera con il quale è stata affidata alla Madonna la protezione dei malati e di quanti li assistono.
La giornata rimarrà impressa nella memoria di quanti hanno partecipato come un momento di forte chiamata alla responsabilità e all’amore verso il prossimo, in particolare verso i più deboli e sofferenti. In un mondo spesso segnato dall’indifferenza e dalla fretta, le parole del vescovo di Rieti sono state un monito a non dimenticare mai il valore e la dignità di ogni persona, specialmente in momenti di vulnerabilità. Un invito a essere, nella quotidianità, strumenti di quel bene e di quella vicinanza che possono davvero fare la differenza nella vita di chi soffre.
«Quella di domenica è stata una giornata densa di forti emozioni, con la quale abbiamo ricordato quelli che troppo spesso sono considerati gli ultimi e per questo vengono emarginati o posti al limite della società», ha sottolineato il diacono Nazzareno Iacopini, direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale della Salute, che ha ringraziato tutti i presenti e il vescovo per la vicinanza e l’incoraggiamento.