Chiesa di Rieti

Gioia e consacrazione: l’ordinazione presbiterale di Vincenzo e Maurizio in Sant’Agostino

Grande gioia e partecipazione nella basilica di Sant'Agostino per l'ordinazione presbiterale di don Maurizio e don Vincenzo. Dal vescovo l'invito a non distogliere mai lo sguardo dalla croce, ma farne il motore del proprio ministero, fatto di annuncio, vicinanza, consolazione e condivisione del cammino con i fratelli

Momenti di gioia e commozione nella basilica di Sant’Agostino per l’ordinazione presbiterale di Vincenzo Iannicello e Maurizio Iorio. Con le prime file riservate ai familiari dei novelli sacerdoti, la presenza di tanti confratelli e la navata della chiesa colma come dev’essere nelle grandi occasioni, hanno ricevuto il sacramento dell’ordine dalle mani del vescovo Vito, nel pomeriggio di giovedì 14 settembre, alla presenza di numerosi confratelli della diocesi di Rieti, ma anche da Ascoli Piceno (dove si è svolto il loro percorso di seminaristi) e dalla Campania (loro terra di origine).

Intensa la liturgia, splendidamente animata dal coro diretto da suor Giuditta, che li ha visti prostrarsi a terra prima di ricevere l’imposizione delle mani, di vestire gli abiti sacerdotali, dell’unzione crismale e della consegna del pane e del vino, con l’ammonizione a conformare la vita al mistero della croce di Cristo. Gesti misurati e attenti, abbracciati da un partecipato silenzio che si è infine sciolto in un lungo e caloroso applauso quando i neo presbiteri hanno scambiato l’abbraccio di pace con il vescovo e i confratelli sacerdoti.

Un modo semplice, ma vivo e vero per la Chiesa reatina per dire l’affetto che nutre per i suoi due nuovi pastori e la gratitudine a Dio per questo grande dono. Intense e dirette anche le parole del vescovo, che di Maurizio e Vincenzo ha ripreso il filo della storia personale, radici che affondano nel Cuore di Dio che mai li ha abbandonati, ma neppure facilitati. Perché quello fatto con Dio è un viaggio compiuto nella libertà, che da questo momento li chiama «come servi a tempo pieno».

Che l’ordinazione avvenga nel giorno dell’Esaltazione della Croce è un segno importante. Impegna a contemplare l’amore di chi «ha svuotato sé stesso». Di più, ricorda che nessun compito ministeriale viene prima dell’adorazione di Dio, «da cui tutto dovrà irradiarsi». È dal sacrificio eucaristico che bisognerà ricavare tutto il resto: l’annuncio «sine glossa come salvezza di questo mondo spesso insipido e disorientato», la vicinanza «di una Chiesa che vuol essere Casa e Madre per tutti», la consolazione che porta a «spartite le fatiche delle famiglie e dei più poveri», a farsi «vicini agli ammalati e a chi se ne prende cura».

Questa – ha spiegato don Vito – è l’unica “carriera” degna dei ministri del Signore: «State con la gente, con tutti, non sceglietevi gruppi vostri, non ambite a spazi particolari. Non sceglietevi voi i posti da occupare nella vigna del Signore. Siate contenti di essere trovati a lavorare nella Sua vigna, non importa se dalla prima o dalle ultime ore del giorno. Sapere di essere trovati in Lui e dove Lui vi vuole sia sempre la gioia più grande».

Conformarsi al mistero della Croce di Cristo vuole dire «Amare senza misura, tradurre nei fatti e nella verità il segreto della vostra adorazione, non trattenendo nulla e nessuno per voi, maturando un cuore largo e delle mani vuote, lontani dagli idoli e dalla superficialità». È un compito impossibile – ha chiosato il vescovo – se si vuol fare da soli. Ma con la grazia di Cristo tutto è possibile: «Non preoccupatevi di voi. Lasciate fare a Dio».

Al termine della celebrazione gli emozionati ringraziamenti di don Vincenzo e don Maurizio a quanti li hanno accompagnati sulla strada che li ha condotti all’ordinazione: familiari, amici, confratelli, i vescovi. Soprattutto un rigraziamento al Signore che li ha chiamati e accolti nella sua Chiesa.

Prima di impartire la benedizione, il vescovo ha voluto condividere una bella notizia, c’è un giovane che inizia questo sabato il cammino nel seminario maggiore, a Viterbo. Una notizia salutata con gioia, da un nuovo scroscio di applausi, forte da abbastanza da poter essere ascoltato in cielo.