Chiesa di Rieti

Eucaristia sorgente di stupore e responsabilità

Grande partecipazione alla liturgia nella solennità del Corpus Domini presieduta dal vescovo Vito in Cattedrale per poi percorrere in processione le vie del centro storico di Rieti

Stupore e responsabilità. Sono i sentimenti condotti nelle vie del centro storico di Rieti dalla processione del Corpus Domini. Li aveva enunciati il vescovo Vito nell’omelia che ha rivolto ai tanti che si sono ritrovati in Cattedrale per vivere insieme la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Ma è nell’attraversare la piazza colorata e movimentata dal Rieti Sport Festival, nel condividere le strade e i vicoli con le auto in sosta, nello strappare un momento di attenzione dei reatini che si godevano l’ultimo scampolo di domenica che si sono fatti concreti, hanno assunto forma e sostanza.

Perché lo stupore non è nella conta degli indifferenti al passaggio dell’Eucaristia, ma nel cuore dei cristiani che oggi come sempre si lasciano inquietare da Gesù che si fa pane vivo e chiama a logiche diverse: di liberazione, di riconciliazione, di comunione, di servizio.

E la reponsabilità è nella presa di coscienza che l’Eucaristia ha a che fare con la città, s’irradia sulla sfera pubblica. «Se siamo sale e luce, lo siamo non per le sacrestie, lo siamo per la terra, per il mondo, per questa storia – ha spiegato don Vito – soprattutto vivendo come costruttori di comunità e di comunione sempre, dovunque, a qualunque costo». Una responsabilità da ricordare a sé stessi più che agli altri.

Non a caso i brani delle letture domenicali guardano a un momento particolare della storia di Israele: quando il popolo eletto, giunto nella terra promessa, quasi dimentica colui che l’ha salvato. Ma come si può dimentare ciò che ha dato salvezza, ha condotto per quarant’anni nel deserto, ha dato l’acqua è la manna insperata? Come dimenticare la meraviglia della fede, che si manifesta nel ricevere più di quanto si spera ogni qualvolta ci mettiamo davanti al Signore?

«Lo vediamo palpabile nella nostra vita», ha detto il vescovo, ricordando i deserti che ciascuno si trova ad attraversare. Tratti di vita che mettono alla prova, umiliano, ma aiutano anche a comprendere ciò che si ha nel cuore. «Non nei momenti di abbondanza, non nei momenti di benessere, ma soprattutto quando sentiamo di attraversare il deserto possiamo capire per davvero non solo chi è il nostro Dio, ma anche chi siamo noi».

C’è una liberazione, un senso di comunione, di pace, di pienezza che solo Cristo può donare. Ancora oggi Gesù «si fa avanti a noi, si propone come il pane vivo disceso dal cielo». E la chiave dell’incontro con Lui è la logica eucaristica. «Colui che mangia di me, vivrà per me». Compresa, l’Eucarestia inquieta perché porta a vivere alla maniera di Gesù: non per sé stessi, ma per gli altri, come e dove vuole il Signore. Ed è questo il nodo tra stupore e responsabilità: «L’eucarestia corrobora la fraternità, invita a una vita vissuta come Cristo, ne fa la causa e motivazione del nostro sperare e del nostro amare». Come a dire che il disprezzo per gli altri, il mancato riconoscimento della dignità dell’altro, equivalgono a buttare il pane di vita, a calciare via la speranza.

Impossibile per chi ha compreso che «Il corpo di Cristo è stato mischiato con i nostri corpi, anche il suo sangue è stato versato nelle nostre vene. La sua voce è nelle nostre orecchie. Il suo splendore nei nostri occhi. Nella sua compassione, tutto di lui è stato mescolato con tutto di noi».