È il lavoratore che va difeso

«Non vogliamo annoiarci e il posto fisso non è un tabù, ma la flessibilità non può essere a senso unico, altrimenti cessa di essere flessibilità per diventare precarietà ad oltranza».

Lo ha detto il portavoce del Forum nazionale dei giovani, Antonio De Napoli, commentando le parole del primo ministro Mario Monti in merito al posto fisso e alle condizioni per una crescita occupazionale, al termine dell’audizione presso la 10a Commissione permanente del Senato della Repubblica, in merito alla conversione in legge del dl 24 gennaio 2012 n.1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività. Tra le tante previsioni del decreto “Cresci Italia”, i rappresentanti del Forum si sono soffermati su quelle che riguardano più da vicino il ruolo dei giovani nello sviluppo del Paese. Per il Forum, infatti, “non possono essere sottovalutate le previsioni normative che favoriscono la liberalizzazione di alcuni settori del mercato. Il principio del vantaggio per il consumatore deve continuare ad essere l’unica guida nei cambiamenti che riguardano il sistema farmaceutico e quello distributivo dei carburanti”. Prioritario resta, poi, l’accesso al credito: “Ben venga la possibilità di creare una s.r.l. con solo un euro di capitale sociale, purché sia accompagnata da adeguate misure e agevolazioni per l’accesso al credito”.

Una sfida e un’opportunità.

Interpellato dal SIR, Stefano Zamagni, economista dell’Università di Bologna e presidente dell’Agenzia per il Terzo settore, sdrammatizza le parole del premier che, a suo dire, “vanno interpretate in modo corretto”. Monti, spiega, “prende atto che, a differenza di vent’anni fa, oggi il ciclo lavorativo non corrisponde più alla durata media della vita lavorativa – 40 anni –, ma deve essere scandito almeno da tre diversi cicli tecnologici. Nella nostra società postindustriale dobbiamo dire ai giovani che non possono più pensare di svolgere lo stesso lavoro per 40 anni, un’anomalia solo ‘mediterranea’, ma essere aperti e disponibili a passare da una mansione, da un’impresa e da una città all’altra. Cosa che accade da tempo nei Paesi del Nord Europa”. Per l’economista “una rotazione di tipo professionale costituisce inoltre una sfida e un’opportunità di cambiamento e di crescita, dunque anche un antidoto al rischio ‘monotonia’ che a volte genera insoddisfazione e frustrazione”. Di qui la necessità per i giovani di “attrezzarsi culturalmente e professionalmente ad essere lavoratori multitasking”. Il vero nodo, secondo Zamagni, “non è garantire il cosiddetto ‘posto fisso’, ma il ‘lavoro fisso’: è il lavoratore che va difeso, non il posto!”. Questo, chiarisce, “è ciò che intendeva dire Monti”. Tuttavia, avverte, “per garantire a tutti il diritto di lavorare occorrono politiche attive per l’occupazione” e “una saggia programmazione della formazione scolastica e professionale; ossia un’offerta professionale non in eccesso per certi settori e in difetto per altri ma che incontri effettivamente la domanda del mercato di lavoro sia intellettuale sia manuale”.

Agire in due ambiti.

“Quanto ha detto il presidente del consiglio riguardo al fatto che il ‘posto fisso è monotono’ non fa altro che confermare quanto per tanti anni è stato detto anche nelle sedi più qualificate a proposito del problema della mobilità lavorativa”, dichiara al SIR l’economista Carlo Dell’Aringa, docente all’Università Cattolica di Milano e presidente di REF ricerche, il quale aggiunge: “Ciò che va sostenuto è il lavoratore, mentre non va necessariamente salvato il posto di lavoro, quando esso è implicato in processi di ristrutturazione che sono necessari per alimentare la crescita. Quindi direi – sottolinea l’economista – oltre all’invito ai giovani ad essere più dinamici per affrontare le sfide del futuro, l’autorità pubblica dovrebbe fare uno sforzo per aiutare i giovani a prendere queste decisioni, agendo in due ambiti: nel momento in cui la mobilità fosse involontaria occorre mettere in campo degli ammortizzatori sociali efficaci per sostenere il reddito dei lavoratori e poi anche occorrerebbero dei servizi all’impiego in grado di aiutare e indirizzare i giovani in una mobilità da un posto di lavoro ad un altro”. Dell’Aringa conclude affermando che “in questi due settori, ammortizzatori e servizi all’impiego, il nostro Paese deve fare molto, allora oltre a rivolgersi ai giovani, bisognerebbe anche porre le condizioni affinché questa mobilità fosse possibile e accompagnata”.