Don Marco: cominciamo a conoscerci

La situazione dei catechisti (e dell’impegno catechetico) in diocesi? Varia e non certo splendida.

Accanto a qualche realtà dove si cammina da tempo con impegno – seppure con tanta fatica e certamente non senza difficoltà e tentennamenti – nella maggior parte delle parrocchie ci si arrangia come si può, con qualche volenteroso, quando c’è, reclutato dal parroco per animare un gruppetto di ragazzini e spesso lasciato solo a farsi le ossa senza padroneggiare abbastanza strumenti, metodi e prospettive, e talvolta nemmeno i contenuti. I percorsi per l’iniziazione cristiana dei nostri fanciulli? Dire che l’anarchia regni sovrana sarà forse esagerato, ma certo una vera linea unitaria la si ha soltanto sulla carta: dal documento apposito che il vescovo licenziò ormai quindici anni fa (e che qualche parroco probabilmente nemmeno ha mai letto), in cui già si prescriveva un percorso permanente (e invece ancora c’è chi parla dei “due anni per la Comunione”…), alle impegnative scelte del Sinodo diocesano che, a otto anni dalla sua celebrazione, riguardo la catechesi – e in particolare il cammino di iniziazione – ancora sono sulla linea di partenza, a parte qualche sperimentazione avviata da qualcuno più coraggioso.

Insomma, attende un bel lavoro il nuovo responsabile dell’ufficio catechistico: don Marco Tarquini, che nei mesi scorsi ha raccolto da suor Maria Moretto il testimone alla guida del settore che, all’interno del Centro per l’evangelizzazione, è chiamato a coordinare in diocesi la pastorale catechetica. Al suo fianco, si è già costituita una piccola équipe di lavoro, che annovera altri due preti (don Roberto – quale responsabile della pastorale giovanile – e don Sergio), una religiosa (suor Pia delle Missionarie Catechiste), una mamma e catechista (Anna Maria di S. Michele Arcangelo) e una giovane educatrice Acr (Chiara di S. Agostino). Un primo aiuto in vista di un lavoro di “rete” ben più ampio, se l’obiettivo, spiega il giovane sacerdote, è di allargare via via il giro di collaboratori fino a costituire un vero gruppo diocesano di catechisti, in cui tutto il territorio sia ben rappresentato e con cui coordinare un lavoro che, al di là delle specificità di questo e di quello, possa davvero far marciare tutte le parrocchie su una linea comune.

Per questo, dice don Marco, «occorre innanzitutto conoscerci e conoscere. Tastare concretamente il polso della situazione, incontrare le persone, stabilire contatti effettivi con la base», specialmente lì dove a volte non arrivano nemmeno le informazioni e dove non si è a conoscenza di quanto al centro diocesi si stia pensando e facendo. La prima operazione, che già l’ufficio sta avviando, è dunque quella di visitare a giro tutte le vicarie, incontrando gli operatori di ogni parrocchia, per conoscere volti e mettere sul piatto situazioni, problemi, aspettative. Con il centro diocesi occorre infatti creare legami concreti, «ricostruire una reciproca fiducia, stabilendo rapporti di amicizia e di collaborazione». Fatto il giro delle parrocchie, si organizzerà in ciascuna vicaria un incontro comunitario vicariale, per poi stabilire insieme momenti formativi e programmatici per i catechisti da svolgersi sul posto.

Quello che le costituzioni sinodali prevedono è del resto un progetto che richiede una radicale conversione nel modo di intendere la catechesi, oltre che nella sua organizzazione pratica: la diocesi ha infatti scelto di sposare quel cammino di ispirazione catecumenale ­­­– costituito da varie tappe con attività articolate e con un indispensabile coinvolgimento delle famiglie – che costituisce un’esperienza ormai sempre più in voga nella Chiesa italiana e su cui, nei convegni di catechisti svolti qui in diocesi negli ultimi anni, si è avuto modo di iniziare a riflettere. Chi, per ora, sta già sperimentando itinerari di questo tipo con i ragazzini di elementari e medie è la vicaria del centro storico, le cui parrocchie hanno creato, sotto la guida di don Marco, un coordinamento dei catechisti adottando concretamente l’esperienza del percorso “Emmaus” di don Andrea Fontana: percorso che segue l’impostazione catecumenale (anche se per il momento non si adotta ancora la scelta più “rivoluzionaria” che pure alla fine occorrerà attivare: la celebrazione unica, al culmine del percorso, di cresima e prima comunione), con diverse tappe ed esperienze, forte attenzione al vissuto esistenziale, interazione concreta con la fede celebrata e testimoniata nella carità, coinvolgimento diretto dei genitori (anche se capitano casi in cui essi non siano presenti o disponibili, e allora interviene a “surrogarli” o un altro familiare o una persona della parrocchia). Mettendo i catechisti a lavorare insieme, valorizzandone gli specifici carismi e capacità, e abbandonando definitivamente (non solo nell’intenzione degli operatori ma nella effettiva percezione di fanciulli e famiglie) l’idea del catechismo come lezione religiosa o “corso” per i sacramenti.

Ma questo è solo uno dei tanti impegni che attende il settore catechesi, che dovrà sempre più interagire con la pastorale familiare, soprattutto per quel che riguarda la formazione degli adulti, a partire dall’accompagnamento dei fidanzati al matrimonio e dalla preparazione dei neo genitori che chiedono il battesimo dei loro piccoli.