Decreto Balduzzi: necessario ma non sufficiente?

Il “decreto Balduzzi” in attesa del parere del Consiglio dei Ministri

“Liberalizzazione”, “trasparenza” e “apertura al privato”. I provvedimenti del decreto “Sanità e sviluppo” presentato dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, e in attesa di essere discusso, il prossimo venerdì, in Consiglio dei Ministri, si ispirano a questi tre principi. Lo stop alle visite intramoenia, le tasse sulle bibite gasate e i superalcolici, la prescrizione di farmaci equivalenti sono solo alcune delle proposte: il Sir ha chiesto a Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma, un punto di vista sulla riforma che potrebbe rivoluzionare la sanità nel nostro Paese.

Cosa ne pensa dello spirito delle modifiche proposte dal ministro Balduzzi?

Si inquadrano nel più generale programma sulla crescita, che avrebbe seguito la spending review. Certo, quello sanitario è un settore visto soprattutto come elemento di costo, ma è da vedere anche come elemento di sviluppo: persone sane producono di più e non costano in termini di servizi. E poi si tratta di un settore che produce posti di lavoro, quindi ricchezza. Quelle del ministro sono proposte molto concrete e potrebbero essere operative in tempi rapidi. La mia valutazione è positiva da questo punto di vista, ma non sono provvedimenti che risolveranno strategicamente il problema della sanità: la revisione della spesa pubblica ha imposto alla sanità tagli pesantissimi, come aveva fatto anche la legge finanziaria dell’ultimo governo Berlusconi, e ora, rispetto agli altri paesi europei, nel nostro il settore è sottofinanziato. Tutto questo pone un serio interrogativo sulla sostenibilità del sistema che va ripensato con un nuovo accordo tra Stato e regioni. È il mancato accordo su un patto per la salute tra Stato e regioni che mi preoccupa, assieme alla scadenza, sette anni fa, dei livelli essenziali di assistenza. Se non viene intrapreso un nuovo cammino insieme vedo con preoccupazione l’impostazione di un sistema efficiente.

Analizziamo alcune proposte: promozione dei farmaci equivalenti in base al “principio attivo”, sperimentazioni cliniche gestite direttamente dall’Agenzia italiana del farmaco, snellimento delle procedure per la registrazione dei farmaci omeopatici.

La promozione del farmaco equivalente è, in linea di principio, positiva, ma è anche molto pericolosa: dev’essere gestita dai medici e non come un cambiamento di carattere amministrativo, anche e soprattutto per non disorientare i pazienti, che sono soprattutto anziani e affetti da patologie croniche, abituati ad una certa routine anche nell’assunzione dei medicinali. Le sperimentazioni condotte dall’Aifo sono importanti perché in Italia, con la falsa ipotesi di rendere più etico il sistema, ci sono tanti comitati etici quante sono le aziende italiane di farmaci: la situazione è ingestibile e la sperimentazione scarsa. Per quanto riguarda le medicine omeopatiche, ritengo che, indipendentemente dalla caratteristica del farmaco, il controllo dev’essere rigoroso.

Continuiamo con i provvedimenti: la riforma inserirà la ludopatia tra le malattie, sono previste sanzioni per chi vende sigarette ai minori di sedici anni e verranno imposte delle tasse su bibite gasate e superalcolici.

Quella contro la malattia del gioco la ritengo un’ottima iniziativa contro una patologia contemporanea che è anche figlia della crisi. Sulla tassa contro bibite e alcol ho qualche riserva, perché secondo me andrebbe estesa anche al cibo spazzatura, seguendo esempi virtuosi come la Danimarca.

Alcuni punti della riforma toccano più da vicino i medici: accesso trasparente alla dirigenza ospedaliera, disponibilità 24 ore su 24 per i medici di famiglia, l’intramoenia dovrà essere tracciabile sarà possibile solo in strutture pubbliche.

Condivido il bisogno di trasparenza nell’assegnazione degli incarichi, bisogna poi vedere i meccanismi di applicazione. Quanto all’ associazionismo professionale, si tratta di una forma prevista da tempo ma applicata da solo un terzo dei medici italiani. Sono riforme che vanno bene se fatte in sinergia coi medici. A proposito dell’intramoenia, ritengo che la libera professione debba essere esercitata in condizioni ottimali: serve controllo su lavoro del medico nella struttura pubblica, e poi sia libero di lavorare privatamente.

Crede che queste misure risolveranno il problema delle liste d’attesa?

Non è con queste misure che si risolvono le liste d’attesa, ma riorganizzando la rete dell’offerta, anche con strutture nuove territoriali, o, per esempio, con gli ospedali di comunità.

“Creare nuovi spazi per iniziative private attualmente bloccate da una presenza pubblica invadente”. Sono parole del ministro Balduzzi. Come commenta l’eventuale svolta nella direzione della privatizzazione?

Favorevolmente nel senso della liberalizzazione. Non solo nell’edilizia ma nel core business del servizio sanitario. Al cittadino interessa essere curato bene, pubblica o privata che sia la struttura.