Chiesa di Rieti

Come san Francesco alla sequela di Gesù

In una gremita basilica di Sant’Agostino, il vescovo Vito ha indicato in san Francesco una guida per riscoprire l’autenticità della propria vita e del proprio essere cristiani

Una festa che «quest’anno si riveste di una tonalità nuova, perché attraverso la Parola ci consegna l’essenziale anche in questo anno centenario che ci riguarda più da vicino». Così il vescovo Vito ha incorniciato la ricorrenza del 4 ottobre, festa di san Francesco di Assisi, nell’omelia della Messa solenne che ha raccolto sacerdoti, religiosi e fedeli nella basilica di Sant’Agostino. Penultimo momento dell’Ottobre francescano, che i frati dei quattro santuari reatini organizzano ogni anno con una collana di liturgie che partono da “La Foresta” con la Corona francescana, per poi passare a Poggio Bustone, dove viene celebrata la Messa per la Pace, e per Fonte Colombo, dove si vive il momento liturgico del Transito del Poverello.

Ultimo momento dopo quello in città (che ha dovuto rinunciare alla tradizionale sede di San Francesco per i lavori nella Chiesa) sarà quello dell’8 ottobre a Greccio con la processione nel bosco attorno al santuario seguita dalla Messa.

Un camminare che forse simboleggia proprio quella «la gioia della sequela» che don Vito ha indicato come particolare lezione di Francesco. Non ci si può infatti accostare al santo se non imitandone l’atteggiamento: quello di chi sa porsi con stupore e fiducia dinanzi al mistero di Dio. In questo senso Francesco è come Mosè dinanzi al roveto ardente: chiamato a togliersi i sandali trovandosi in una terra sacra.

Come ha sottolineato don Vito, «A Francesco Dio chiederà di togliere non solo i sandali, ma tutto ciò che era di troppo, e anche ciò che a noi talvolta pare essenziale, che per lui divenne un di più. Dio è contemporaneamente mistero tremendo e fascinoso».

Ciò che va chiesto al grande santo è proprio «di ridarci la gioia della sequela di Gesù, che è la sequela compiuta dietro a Gesù Cristo sentendoci anche noi fratelli minori, come Cristo che, pur essendo l’unigenito figlio di Dio, per noi e per la nostra salvezza divenne primogenito di molti fratelli», rinunciando al suo primato.

L’insegnamento di san Francesco è quello di non trovare altro vanto che nella croce di Cristo, per dirla con san Paolo. «E anche nei momenti più faticosi esplodere nella benedizione sempre, comunque e nonostante tutto».

Infatti la fede in Dio «quando è vera è sempre una inquietudine, benedetta, ma inquietudine».

La vita di Francesco, ha detto ancora il vescovo, ci aiuta a allontanarci dalla nostra pretesa di farcela da soli, fino addirittura a non avere più bisogno di Dio».

Per me, per ciascuno di noi, specie per quanti più da vicino avete scelto di seguire con Francesco e come Francesco Gesù e la sua Regola, non ci sia gioia più grande di una ritrovata sequela. Che questo seguirlo sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, sia davvero grande forza, grande audacia alle nostre giornate. Quasi fossimo in un patto nuziale. Che la Pasqua di Gesù, che la pasqua di Francesco, sia la Pasqua di ciascuno di noi.