Caro vescovo: edificare nell’Amore

La porta e l’albero sono metafore suggestive per un vescovo in ordine al suo servizio pastorale.

Ma la realtà per cui, caro Vescovo Domenico, sei inviato e consacrato nel cuore di questa Chiesa supera la immaginazione.

La liturgia della ordinazione episcopale ti pone delle domande che toccano il mistero del sovrumano: «Vuoi edificare il corpo di Cristo che è la Chiesa perseverando nella sua unità?… Vuoi prenderti cura con affetto fraterno del popolo santo di Dio?… Vuoi essere il buon Pastore che va in cerca?…».

Ti viene presentata così la Chiesa del cielo che “splende della gloria di Dio” (Ap 22, 11) e ti viene chiesta la cura per la “Chiesa che è già presente” tra le nostre mura, nelle case, nelle comunità, nei cuori. Una Chiesa che forse ha il vestito sdrucito del pellegrino, ha sul volto i segni del tempo, ha le membra appesantite dal cammino. Le sue stagioni hanno primavere e inverni; giorni sereni e notti oscure ne segnano il cammino; luci e ombre ne accompagnano i passi. Comprende giusti e ingiusti, santi e peccatori; è luminosa per santità, ma insieme è bisognosa di conversione e di rinnovamento (Lumen Gentium 8). È la Chiesa sempre “in uscita” per le strade del mondo e perciò “accidentata” come la scorge Papa Francesco (cfr. Evangelii gaudium 49). Ma è sempre “la Chiesa di Dio”: quella che Cristo ha amato e per essa si è dato e quella che è chiamata a fare del mondo “uno spazio di fraternità vera” (Gaudium et spes 37).

Ma ciò richiede un cammino lungo, un avvicinamento laborioso, una edificazione permanente.

Vescovo Domenico, hai incontrato attorno alla tua Cattedrale e al vescovado “cantieri aperti”. Sono immagine della Chiesa: un edificio che “fino all’ultimo giorno del tempo, reclama lavoro nuovo, reclama costruzione faticosa, fresca, geniale, come se la Chiesa, il divino edificio, dovesse cominciare oggi la sua avventurosa sfida alle altezze del cielo” (Paolo VI, 7 luglio 1976).

È, caro Vescovo, il tuo cantiere. Sarà il tuo ministero episcopale, in sintonia con tutte le ministerialità ecclesiali, a farne una casa accogliente per quanti cercano solidarietà, convivialità, amore da toccarsi con mano; a trasformarla in esperienza di comunione dentro una società frammentata, divisa, conflittuale e a renderla uno snodo missionario che comporta iniziativa ad uscire, volontà di coinvolgimento, accompagnamento delle persone, gioia di umanità condivisa e di pace costruita.

È il tuo “cantiere” e tu, questa Chiesa amala con tutto te stesso e, come diceva nel suo ultimo saluto Paolo VI, l’appassionato della Chiesa, anche tu spenditi affinché questo amore sia sperimentato, condiviso, fecondo.

Ed è per questo che, con tutta la tua gente, al Signore della Chiesa diciamo:

Fa che essa
si rinnovi nella luce del Vangelo.
Rafforza il vincolo dell’unità
tra i laici e i presbiteri,
tra i presbiteri e il vescovo Domenico,
tra i vescovi e il nostro Papa Francesco:
in un mondo lacerato dalle discordie
la tua Chiesa risplenda
segno profetico di unità e di pace.

(Prece eucaristica V/D)