Giugno Antoniano Reatino 2022

Camminando dietro a sant’Antonio riscopriamo la bellezza e la luce del Vangelo

Rivolgendosi ai fedeli al termine della Processione dei Ceri, il vescovo Domenico ha ricordato ancora una volta il cuore francescano del Giugno Antoniano e del territorio, invitando a farne un tratto identitario e una chiave per accedere al Vangelo

Non c’è riuscita la pandemia, che ne ha impedito la realizzazione per due anni. Non ce l’ha fatta il caldo intenso della prima domenica di luglio. La Processione dei Ceri si è svolta come sempre, incurante del tempo che passa e del mondo che cambia. Magari può cambiare casa, passando dalla chiesa di San Francesco a quella di Sant’Agostino per cause di forza maggiore, ma i reatini Sant’Antonio lo ritrovano sempre: come punto di riferimento, come esempio da seguire, come rifugio. Una devozione cocciuta per la quale è possibile ogni deroga. Per far strada alla macchina del santo si rinuncia a parcheggiare l’auto e usare la propria, si stendono lunghe guide rosse, si sta per ore chini sotto al sole infiorando un segno, un’immagine, un pensiero. E quest’anno diversi sono stati rivolti a mons Pompili, in quella che è il suo ultimo Giugno Antoniano da vescovo di Rieti.

«Viva Sant’Antonio!», ha esclamato per tre volte prima di rivolgersi alla folla dei fedeli, alle innumerevoli persone che hanno sfilato con il cero acceso, ai portatori e agli altri confratelli della Pia Unione, alle autorità. Per ricordare, una volta ancora, in quale direzione guardare, mentre volgono al termine i festeggiamenti di giugno e il suo episcopato. E dire che l’essere in movimento non è un problema, una punizione, un incomodo, ma la condizione stessa della vita. E sant’Antonio lo dimostra facendo camminare dopo secoli tutta una città insieme a lui. Lui che un grande camminatore lo è stato davvero in vita. «Da Lisbona, dove era nato, ha mosso i passi percorrendo tutta l’Europa allora conosciuta, facendo naufragio in Sicilia e risalendo pian piano verso Padova. Ma ha camminato anche con noi questa sera, e in questo camminare – ha sottolineato don Domenico – avremo tutti notato, quando ancora non faceva buio, l’ideale incontro tra Antonio e Francesco davanti alla Cattedrale».

«Francesco, suo contemporaneo, ha significato la conoscenza del Vangelo al quale convertirsi in tutta la bellezza e la luce. Anche la nostra terra, anche Rieti, ma vorrei dire, la Sabina è in cammino, non è ferma, non è stagnante, non è immobile», ha aggiunto il vescovo sottolineando tra i tanti appuntamenti che la nostra terra sta intercettando, l’ottavo centenario della Regola e del primo presepe. «Tra qualche mese, nel 2023, vedremo di vivere insieme questa opportunità per la nostra terra, che è anche l’occasione per ritrovare ciò che è più legato al genio di questo luogo: la traccia indelebile della sua dimensione francescana».

L’augurio di mons Pompili è semplice e rivolto a ciascuno: «Far sì che il genio di questo luogo, di questa terra, che è la sua matrice francescana, che nella fede ha per così dire la sua porta d’ingresso, diventi anche per ciascuno di noi il modo di stare al mondo. Perché la fede ci offre uno sguardo verso tutto ciò che ci circonda, incantato e non disincantato; perché la fede cristiana ci fa riscoprire, come stasera vediamo, che siamo fratelli accomunati dallo stesso destino e non, come nella logica feriale, soltanto dei soci. Questa matrice francescana ci fa scoprire e lodare Dio, che è il sole che irradia la nostra vita. Per questo siamo grati ad Antonio perché stando dietro a lui, percorrendo la sua stessa strada. Possiamo, come lui, scoprire la bellezza e la luce del Vangelo».