Angelino

Lo incontro questa mattina in via Roma, uscendo da un portone. Trascinava una gamba, aiutandosi come poteva con un bastone, a testa bassa.

«Aiutami, dammi qualcosa», mi ha detto con una voce piuttosto affaticata.

«Come ti chiami», gli chiedo.

«Angelino, aiutami, senno come faccio».

«Da dove vieni Angelino?»

«Da Monteleone. Dammi qualcosa».

«Ma non hai nulla, non prendi la pensione?»

«Sì, 240 euro. Aiutami, come faccio».

«Che ti manca?»

«La bombola del gas, è finita… 20 euro… sto male»

Gli prendo un bicchiere d’acqua al bar.

«Che ti è successo?»

«Mi sono ammalato, in Francia».

«Quando ci sei stato in Francia?»

«Trent’anni fa. Mi hanno fatto ammattire con il lavoro. Come faccio, chi mi aiuta?».

Era quasi in lacrime.

«Hai mangiato?»

«Un cappuccino, stamattina» mi ha detto con una lunga pausa.

E intanto che parlava come me chiedeva a tutti. Nessuno ha dato nulla. Quasi tutti hanno fatto finta di non vederlo, hanno tirato dritto.

Gli ho dato quello che ho potuto. Forse troppo poco. Nulla rispetto a quello che gli dovremmo restituire tutti.

«Fammi una foto», mi ha detto quando l’ho salutato. «Così ti ricordi di me».