2020: per una Lira!

E se le nostre convinzioni attorno ai soldi fossero tutte sbagliate?

Ammettiamolo: con i soldi abbiamo tutti qualche problema. Se non altro perché è dal denaro che dipende gran parte della nostra esistenza. È dalla disponibilità di soldi che dipende il nostro benessere, il nostro stile di vita. Eppure, nonostante questo tratto determinante della moneta, raramente ci soffermiamo a riflettere sulla sua natura, sulla sua provenienza. Siamo tutti preoccupati dal debito pubblico, dalle politiche di austerità necessarie a dominarlo, ma in pochi cercano di capirci veramente qualcosa.

Invece sarebbe importante aprire un dibattito su questo. Ovviamente «Frontiera» non si può occupare in modo appropriato di economia politica. Non è nella sua natura e nemmeno nelle competenze della redazione. Però qualche spunto lo possiamo offrire.

Ci siamo imbattuti in rete nel testo “2020”, un racconto apparso su «New Economic Perspectives» (http://neweconomicperspectives.org) a fine novembre. Offre qualche spunto interessante senza voler far troppo “la lezione di economia”. Così abbiamo pensato di proporre ai nostri lettori questo adattamento.


Una scoperta inaspettata

Fu nell’anno 2020 che arrivò l’indipendenza. La maggioranza della gente si accorse di cosa è veramente la moneta. Non si parlava d’altro. Si diceva: «ma come mai non ce ne eravamo accorti prima…?!»

Memorie della crisi

Il collasso definitivo dell’eurozona, nel 2019, colse impreparata la maggioranza delle persone. A sorpresa il crac si verificò in Italia. Addio settimo Paese industriale al mondo, strangolato dall’austerità! Otto anni di recessione, caos e degenerazione, governo paralizzato. I movimenti di protesta dilagavano, ma erano sterili e non volevano compromettersi con “la vecchia politica”. Migliaia di aziende chiudevano. Intere regioni chiedevano la secessione. Le dimostrazioni di piazza erano sempre più violente.

Una manovra d’urgenza

Nel ‘19 la svolta. L’esecutivo ripristinò le pensioni, tagliate dal terzo Governo Monti. Le pagò nella «nuova valuta nazionale italiana». Le incrementò del 12,5%. Rese obbligatorio pagare le tasse nella nuova Lira. Inoltre le dimezzò per un anno. Dopo la depressione e l’austerità la nuova valuta avrebbe rilanciato l’economia. Il periodo di “transizione nazionale” fu sorprendentemente positivo. I “gufi” si sbagliavano: non ci fu l’iperinflazione. La gente, finalmente pagata (in Lire), tornò a lavorare. Iniziò la ricostruzione.

Pagamenti in bit

Il Ministero delle Finanze fece una scelta radicale. Ridusse al minimo l’emissione di carta moneta. Furono distribuite Carte di Cittadinanza Digitale in grado di ricevere addebiti e accrediti in Lire. Fu così che il Governo pagò gli addetti alla ricostruzione. Quando gli accrediti ebbero raggiunto tutta la popolazione i negozi tornarono a riempirsi.

Cos’è la moneta

Ci fu un gran cambiamento nella percezione del denaro. La popolazione si accorse che è astratto, non è una cosa fisica, materiale, limitata. Non consiste in banconote chiuse in un caveau. Con la svolta tutti capirono da dove arrivavano i soldi: da un computer presso il Ministero delle Finanze. Non c’è una riserva da reintegrare continuamente. Pigiando qualche tasto si accreditano istantaneamente su milioni di Carte miliardi di nuove Lire. Non serve che il Governo abbia prima incassato attraverso l’Agenzia delle Entrate. E dire che per generazioni ci si era sentiti dire che «se non si incassano le tasse non ci sono i soldi per le volanti di Polizia, la Sanità e l’Istruzione!».

Tornare a vivere

Quel passato era fatto di inganni. Non era vero che lo Stato dovesse ottenere le sue risorse spremendo i cittadini. Solo quando il Governo spende si crea denaro. Lo dimostravano i fatti. Per risollevare il Paese, nell’anno della transizione lo Stato aveva incassato solo metà dei tributi rispetto ai tempi di Monti. Eppure fu in grado di pagare stipendi in Lire superiori a quelli in Euro. E riuscì pure a finanziare un grande piano di infrastrutture. La disoccupazione scese a livelli minimi e l’economia riprese vigore.

Cosa sono le tasse

Nonostante i magri incassi, il Governo non aveva avuto il minimo problema a finanziare le spese. Lo notarono tutti. Questo aprì un nuovo dibattito sul senso delle tasse. Passato l’anno speciale si ripristinò una giusta pressione fiscale per evitare l’inflazione e redistribuire il reddito, limitando arricchimenti ingiustificati. Tutti capirono che le imposte non servono a finanziare la spesa, ma a ridurre la quantità di moneta immessa nell’economia dal Governo quando spende. Una pratica necessaria affinché, una volta ottenuta la piena occupazione delle risorse, non si generi inflazione. Il nuovo punto di vista sulle tasse portò altri cambi di atteggiamento: si voleva che l’economia producesse reddito e occupazione, dunque non aveva molto senso tassare imprese e persone. Era piuttosto logico tassare alcuni consumi di lusso o nocivi per l’ambiente.

Liberi dal debito

I cittadini fecero un’altra scoperta: per lo Stato non ha alcun senso indebitarsi. A che serve vendere agli investitori Buoni del Tesoro? Una pratica inutile che nel corso di 20 anni fa raddoppiare il debito iniziale. L’Italia fu libera dalla schiavitù del “debito pubblico”, quello strano obbligo finanziario che lo Stato contrae per spendere in favore dei cittadini, salvo poi tassarli per ripagarlo. Un circolo vizioso in cui l’unica cosa certa è l’accumulo infinito di interessi su interessi. Prima della svolta i fondi di investimento e le banche avevano tenuto in ostaggio l’Eurozona attraverso un’artificiale “crisi del debito pubblico”. Spingevano sempre più in alto il costo dei deficit nazionali, mentre i governi “tecnici” spremevano la popolazione e svendevano i beni pubblici per ripianarli.

Ciao, ciao, speculatori

Con la nuova Lira i “padroni del debito” ebbero un brutto risveglio. Andarono al Ministero delle Finanze, minacciando di non comprare bonds italiani. Questo, dicevano, avrebbe provocato un crac del debito italiano sui mercati globali. Ma al Ministero, a Roma, risposero: «quali bonds? Noi non vendiamo più Titoli di Stato. Perché mai dovremmo indebitarci con voi?»
E i “padroni del debito”: «Ma noi abbiamo bisogno di mettere al sicuro i nostri miliardi, vogliamo un investimento che paghi ogni anno un interesse garantito dallo Stato!»
Dal Governo italiano risposero: «se volete investire dei soldi in Italia metteteli su un’attività, una fabbrica, un servizio di qualche genere. Non potete pretendere che vi si vendano dei Buoni del Tesoro. Ne abbiamo avuto abbastanza. Abbiamo smesso di tenervi al sicuro il denaro pagandovi pure per il servizio che offrivamo…»