15. Octogesima Adveniens: I limiti delle utopie politiche di fronte alla convivenza tra giustizia e uguaglianza

Il cristiano è abitato da una forza che lo aiuta e lo spinge a superare ogni sistema e ogni ideologia, a vedere nel socialismo burocratico, nel capitalismo tecnocratico e nella democrazia autoritaria sistemi che presuntuosamente affrontano la sfida della convivenza tra giustizia e uguaglianza ma che devono cedere il passo alla deriva materialista, all’egoismo e alla violenza che li accompagnano. Per non parlare delle utopie che prendono il posto delle ideologie che falliscono: «l’appello all’utopia è spesso un comodo pretesto per chi vuole eludere i compiti concreti e rifugiarsi in un mondo immaginario. Vivere in un futuro ipotetico rappresenta un facile alibi per sottrarsi a responsabilità immediate».

Ecco quindi l’antico rischio evidenziato in alcuni passi della “Octogesima Adveniens”: sottrarre l’uomo alla responsabilità del presente, distrarlo dal vivere e progettare secondo una visione alta dell’esistenza per «percepire nel presente le possibilità ignorate che vi si trovano iscritte e per orientare gli uomini verso un futuro nuovo». Indicazione forte quella del Pontefice per chiunque cercasse strade e vie per migliorare la condizione di vita dell’umanità: cercare nel presente le potenzialità da coltivare per costruire un futuro. Si tratta di una mentalità aperta alla progettualità lunga, quella vera, quella vocazionale che non può essere ridotta solo alla vita dei singoli ma a quella di intere società. Una potenzialità che stride fortemente con le impostazioni ideologiche e le visioni utopiche che vengono spacciate come sistemi capaci di risolvere i problemi del mondo. L’impostazione del documento è un’altra: è lo Spirito che consiglia e discerne ciò che va cercato per scoprire e sviluppare le potenzialità del presente per un progetto di vita, sia a livello personale che sociale. «Animato dalla potenza dello Spirito di Gesù Cristo, salvatore degli uomini, e sostenuto dalla speranza, il cristiano s’impegna nella costruzione di una città umana, pacifica, giusta e fraterna, che sia un’offerta gradita a Dio». Si tratta quindi di «coltivare la terra presente nella quale cresce quel corpo della nuova famiglia umana che già riesce ad offrire una certa prefigurazione del mondo futuro». Quali ideologie garantiscono ciò? Forse le certezze scientifiche e tecniche offrono strade più sicure? Quale supporto scientifico e tecnico, sposato a soluzioni politiche particolari, può essere evocato a favore della costruzione di cieli e terre nuove? Accanto alla riflessione politica, in senso ampio, sembra necessaria una parallela riflessione legata al progresso, aspetto imprescindibile per il futuro di ogni società e con il quale la dimensione di fede entra in dialogo. Il Papa ricorda: «È evidente che ogni disciplina “scientifica” non potrà afferrare, nella sua specificità, che un aspetto parziale, sia pur vero, dell’uomo; la totalità e il significato le sfuggono. Ma all’interno di questi limiti, le scienze sull’uomo assicurano una funzione positiva che la chiesa volentieri riconosce. (…) A partire dal secolo XIX le società occidentali e parecchie altre al loro contatto hanno riposto la loro speranza in un progresso continuamente rinnovato, indefinito (…) il progresso diventa un’ideologia onnipresente». Guardare la vita solo con gli occhi del progresso comporta rischi enormi: ridurre il giudizio ai soli aspetti quantitativi, a standard di efficienza e efficacia, a rapporti di forza e d’interessi che hanno un valore di «mercato», dimenticando «l’intensità della comunicazione, la diffusione del sapere e della cultura, il servizio reciproco, la concentrazione per uno scopo comune. Non consiste il vero progresso nello sviluppo della coscienza morale che condurrà l’uomo ad assumersi solidarietà allargate e ad aprirsi liberamente agli altri e a Dio?». Non si tratta di rinnegare il progresso, tutt’altro, ma di non anteporlo alla ricerca della perfezione morale. Tale consapevolezza e pretesa, come è inglobata, fatta propria nelle presunte ideologie e/o utopie che promettono la liberazione dell’uomo? Papa Paolo VI, in merito alla questione appena affrontata, ricorda che «per un cristiano, il progresso si imbatte necessariamente nel mistero escatologico della morte: la morte del Cristo e la sua risurrezione, l’impulso dello Spirito del Signore aiutano l’uomo a situare la sua libertà creatrice e riconoscente nella verità di ogni progresso, nella sola speranza che non delude». Sembra una conclusione inappropriata, letta con occhi miopi parrebbe addirittura votata al pessimismo, in realtà chi pensa alla morte e alla resurrezione come evento ineludibile permette di cogliere il senso della propria vita, scrivere le pagine della sua esistenza con piena consapevolezza e arrivare a realizzare un progetto di vita in piena libertà e responsabilità. Sono i progetti a lungo periodo davvero a servizio del bene comune non le utopie che non riconoscono neanche le potenzialità del presente.