16. Octogesima Adveniens: Bisogna avere il coraggio di mettere in discussione i modelli di crescita delle nazioni ricche

«I Cristiani di fronte ai nuovi problemi» è il titolo della parte che precede l’invito del papa all’azione dei cristiani. È una sezione che sottolinea evidentemente l’importanza della riflessione e dell’approfondimento prima dell’agire e della decisione: riflessione e azione, due facce della stessa medaglia che risultano inscindibili. L’uomo non è abbandonato a se stesso nell’agire nel mondo e quindi in società perché, ricorda papa Paolo VI, è accompagnato dalla Dottrina sociale della Chiesa, un patrimonio eccezionale di indicazioni che si sviluppa «mediante la sensibilità propria della chiesa, sensibilità rafforzata da una volontà disinteressata di servizio e dall’attenzione ai più poveri». I problemi sono “nuovi” solo nelle dinamiche che li generano e nelle modalità di espressione, ma ben conosciuti circa i principi che invece infrangono, primo fra tutti “la giustizia”. La parola del Pontefice in merito, non è riferita a realtà circoscritte, Egli sollecita un nuovo ordine, nuovi rapporti tra le nazioni perché qualsiasi equilibrio fondato sui rapporti di forza, tipico del post seconda guerra mondiale, è garante «di una più grande giustizia», quella riferita all’equa ripartizione delle ricchezze «per giungere ad accordi fondati sull’utilità comune». Non manca, il Papa, di indicare il dovere più importante della giustizia: «di consentire a ogni paese di promuovere il proprio sviluppo nel quadro di una cooperazione esente da qualunque spirito di dominio, economico e politico» per questo bisogna avere il coraggio di mettere in discussione i modelli di crescita delle nazioni ricche. La critica è davvero puntuale e l’intuizione è profetica: «si vedono apparire nuove potenze economiche, le imprese multinazionali, che per la concentrazione e la flessibilità dei loro mezzi possono applicare strategie autonome, in gran parte indipendenti dai poteri politici nazionali, e perciò senza controllo dal punto di vista del bene comune. Estendendo le loro attività, questi organismi privati possono condurre a una nuova forma abusiva di dominio economico, sul piano sociale, culturale e anche politico». La via d’uscita non sembra facile se ci si affida al cambiamento che proviene dall’alto, dalle stanze del potere, eppure è possibile perché riguarda ogni singolo uomo nell’ordinarietà della sua esistenza. Anche qui il Pontefice è chiarissimo e parla alle coscienze di tutti: «Oggi gli uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla dipendenza. Ma questa liberazione s’inizia con la libertà interiore che essi devono recuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi riusciranno se non tramite un amore che trascenda l’uomo, e, di conseguenza, tramite un’effettiva disponibilità al servizio». Il passaggio all’azione risulta allora possibile e naturale, l’alternativa è l’immobilismo e l’indifferenza, strade che conducono ad accettare il fatto che «anche le più rivoluzionarie ideologie otterranno soltanto un cambio di padroni: insediati a loro volta al potere, i nuovi padroni si circondano di privilegi, limitano le libertà e permettono che si instaurino altre forme di ingiustizia». Ecco la strada maestra «di liberazione» secondo papa Paolo VI: «La politica è una maniera esigente – ma non è la sola – di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri. (…) Pur riconoscendo l’autonomia della realtà politica, i cristiani, sollecitati a entrare in questo campo di azione, si sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e l’evangelo e di dare, pur in mezzo a un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini. Il passaggio alla dimensione politica esprime anche una richiesta attuale dell’uomo: una ripartizione più grande delle responsabilità e delle decisioni. (…) Oggi la sfera è più vasta, estendendosi essa al settore sociale e politico dove deve essere istituita e intensificata una ragionevole partecipazione alle responsabilità e alle decisioni. Certo, le scelte proposte alla decisione sono sempre più complesse; molteplici le considerazioni da tener presenti, (…) tuttavia, sebbene talvolta si impongano dei limiti, questi ostacoli non devono rallentare una più diffusa partecipazione al formarsi delle decisioni, come alle stesse scelte e al loro tradursi in atto. Per creare un contrappeso all’invadenza della tecnocrazia, occorre inventare forme di moderna democrazia non soltanto dando a ciascun uomo la possibilità di essere informato e di esprimersi, ma impegnandolo in una responsabilità comune. I gruppi umani così si trasformano a poco a poco in comunità di partecipazione e di vita. La libertà (…) si sviluppa così nella sua realtà umana più profonda: impegnarsi e prodigarsi per costruire solidarietà attive e vissute». Una forma moderna e potente di partecipazione democratica è stata inventata, la rete. Il cristiano e gli uomini di buona volontà hanno quindi uno strumento in più per accogliere la sfida democratica al fine di promuovere una responsabilità comune per l’edificazione del bene di tutti.