Turismo, ancora e sempre “petrolio d’Italia”

Complice anche l’insicurezza sui viaggi nel Mediterraneo meridionale, le nostre spiagge beneficiano di un domanda record con una crescita prevista del 4,7%

È partita la stagione turistica estiva (ovviamente nell’emisfero nord del pianeta) e – orribile a dirsi ma è così – la situazione di tensione generata dai continui attentati si riflette pesantemente sul comparto. L’Italia, per ora, ne risulta fortemente agevolata.
Alcune mete turistiche sono state praticamente cancellate: le spiagge tunisine, i resort turchi e Istanbul, i complessi alberghieri del mar Rosso. Insomma s’è svuotata di turisti la sponda sud del Mediterraneo, ingolfando quella nord. Spagna, Grecia, Dalmazia, ma pure tanta Italia.
Si parla infatti di domanda record per le spiagge italiane, con una crescita prevista del 4,7%: un dato enorme. Significa un aumento dei ricavi di 1,3 miliardi di euro, sfiorando quota 30 miliardi complessivi. Due terzi da turisti italiani e un terzo da stranieri (in primis tedeschi, francesi, inglesi e russi). Tanti soldi, tanti buoni riflessi per l’economia di molte regioni e per l’occupazione.
Anche qui, ci sono regioni che fanno il pienone, altre che crescono, altre ancora che faticano. E la cosa non riguarda solo le scelte dei turisti. Queste vanno di pari passo con la promozione dei territori, con la presenza di valide strutture di accoglienza, con la qualità dell’ambiente.
Ecco così la Puglia diventare la reginetta del trend di crescita. Il Salento in particolare, sia sponda adriatica che ionica; ma anche il Gargano cresce moltissimo. Cresce molto pure la Sicilia, soprattutto sulla costa tirrenica, soffrendo le altre di una certa scarsità di strutture d’accoglienza; bene pure il Veneto, diventato con il Friuli la spiaggia di molto Est Europa; bene la solita Emilia Romagna, strutturatissima ma non da oggi. Si riprende ottimamente la Sardegna, recentemente penalizzata dal costo dei mezzi di trasporto in parte calmierato.
Si profila ottimo il 2017 dell’Abruzzo, che si riprende da un difficilissimo 2016. Il terremoto sugli Appennini ha avuto riflessi negativi pure sulle sponde marchigiane, in cerca di rilancio: bei posti a prezzi concorrenziali.
La carenza di nuove strutture penalizza un po’ il tasso di crescita di regioni come la Liguria e la Toscana (dove in certe zone si è costruito anche troppo in passato), il Molise e soprattutto la Basilicata, terra dei due mari – uno bello e l’altro stupendo – ma con meno posti letto di due chilometri di costa riminese. Così in terra lucana i turisti saranno gli stessi dell’anno scorso, quando nel Salento cresceranno dal 10 al 13 per cento.
Infine, un caso a parte è ancora una volta la Calabria. Terra misconosciuta al turismo, malservita dalle infrastrutture a cominciare da treni e aeroporti, mal dotata di opere basilari come i depuratori nei paesi rivieraschi, lontana dai flussi di nuovi investimenti. Così, nonostante 780 chilometri di coste – in alcuni tratti tra le più belle del Mediterraneo –, il turismo è perlopiù italico e non abbondantissimo rispetto alle potenzialità. Peccato, per una regione che ha un Pil pro capite che è la metà di quello lombardo e tra i più bassi dell’intera Unione Europea.
Se il turismo è il nostro petrolio, questo lembo d’Italia non ne sta ancora approfittando, mentre questi ultimi anni hanno visto diversi litorali meridionali cambiare passo: il Cilento in Campania, il Trapanese e la costa sud orientale in Sicilia, soprattutto la penisola salentina in Puglia. Nonostante il traffico aereo per turismo nell’intero Mezzogiorno italiano sia inferiore a quello di tre isolette in Grecia…