Una città piccola piccola

Mappa di Rieti

Si potrebbero scrivere interi trattati facendo l’analisi del provincialismo della nostra città. Da anni è tutta intenta a cercare un posto al sole, a darsi una visibilità internazionale. E dire che è proprio questo sforzo a dare la misura di quanto siamo provinciali!

Ma prendersela con questo vizio, gravato da una certa smania di auto-celebrazione, da un trionfalismo straccione, è fin troppo facile. Dunque la piantiamo qui.

Anche perché vorremmo provare a guardare alle cose concrete. Negli ultimi giorni, ad esempio, sono stati pubblicati i risultati di diverse indagini sulla nostra città. In particolare ci ha colpito l’Indagine congiunturale sulle piccole e medie imprese del Lazio prodotta da Federlazio.

Non ci ha interessato tanto per la lunga fila di numeri con il segno “meno”, ai quali siamo ormai tristemente abituati. Né ci hanno entusiasmato troppo le timide tracce di ripresa che si intravvedono nel testo. A catturare la nostra attenzione è stata piuttosto la tabella che riporta gli indici di importazione ed esportazione delle varie realtà locali.

All’interno di una bilancia commerciale regionale in perdita – le importazioni sono quasi il doppio delle esportazioni – notiamo che il peso di Rieti è pressoché nullo in entrambe le direzioni. Negli ultimi due anni, la nostra economia ha corrisposto ad uno 0,1% delle importazioni nazionali e allo 0,0%(!) delle esportazioni.

Sulla più modesta scala regionale la musica non cambia: l’economia di Rieti equivale all’1% dell’import e l’1,1% dell’export. E dire che la capacità delle imprese della provincia di Rieti di conquistare mercati è cresciuta complessivamente del 20,9% dal 2011 al 2012, facendo registrare un +24,6% sul mercato UE e un +9,7% in quello extra UE!

In vista delle elezioni regionali e politiche, questi dati andrebbero considerati assieme alla nostra dimensione demografica. Il dato Istat del 30 giugno 2012 conta la popolazione della Regione Lazio in 5.800.397 abitanti. La nostra provincia ne contiene all’incirca 160.000. Vale a dire che rappresentiamo all’incirca il 2,7 dei cittadini del Lazio.

Quello di Rieti è un bacino elettorale ristretto e caratterizzato da una economia sostanzialmente irrilevante. Prenderne atto potrebbe essere utile per ridimensionare l’ego di alcune presunte “autorità” locali. Quando si va a stringere, ci si accorge che contano come il famoso due di coppe quando regna denari. Ma questo non vuol dire che dobbiamo rassegnarci alla depressione. Si sa che nella botte piccola ci può anche stare il vino buono.

Per migliorare, da cittadini, potremmo smetterla di accettare con entusiasmo grandi progetti inconcludenti. Piuttosto che aspettare l’avvento di improbabili infrastrutture, potremmo cominciare a fare le cose realmente possibili.

Non ci vorrebbe neanche troppa fantasia: qualche volta si può anche copiare! Sia in Italia che in Europa non mancano esempi di piccole realtà che hanno saputo fare leva sulle proprie risorse per stare al passo coi tempi. Hanno saputo far fronte agli imprevisti della globalizzazione e garantire una vita dignitosa ai propri cittadini.

Ma prima ancora delle risorse – che in fondo a Rieti non sono mai mancate – i risultati sono arrivati da una fondamentale riscoperta del valore dello stare insieme, dall’energia vitale che si produce quando si punta sui legami tra le persone ed i luoghi. Se è vero che teniamo alla nostra città, potremmo ripartire da questo.

Saremo capaci di elaborare alleanze capaci di superare gli interessi di parte, gli opposti egoismi? In fondo il problema di Rieti sembra essere tutto qui. E di certo chi ancora oggi si trova nel privilegio non cederà terreno facilmente.

Ma nella prospettiva di sostanziale impoverimento verso cui sembriamo spinti, potrebbe essere saggio per tutti ragionare su una città più aperta e altruista. Forse occorrerà condividere gli spazi e i trasporti e reinventare il lavoro a partire da nuovi “fondamentali”, non solo economici.

Volenti o nolenti, del resto, le grigie prospettive che derivano dallo smantellamento del sistema previdenziale italiano ci costringeranno prima o poi ad una sorta di Stato Sociale fai-da-te. Non sarà solo l’Inps, ma la società intera a doversi fare sempre più carico del welfare. In questa direzione, è facile prevedere che essere una città piccola piccola, con bisogni ravvicinati supportati da una solida rete sociale, sarà più utile di qualunque vetrina internazionale.