Suor Luisella e le voci del coro

In questi giorni l’opinione pubblica è tutta concentrata sulla contesa tra Lidia Nobili e l’insegnante di religione suor Luisella Maino. I soliti media informano che la preside del Liceo Classico ha querelato la religiosa. E a sostegno della docente è stata aperta l’immancabile pagina Facebook e lanciato l’immancabile hashtag: #jesuissuorluisella.

L’antefatto risale ai giorni gloriosi dell’ultima occupazione della scuola. Tra le proteste, gli studenti rimproveravano alla Nobili un certo assenteismo. Durante il collegio docenti l’insegnante di religione avrebbe sostenuto che quella dei ragazzi sarebbe stata solo una “constatazione”. Di lì la querela.

La storia in sé sembra di scarso interesse, anche se non manca chi ne apprezza il lato comico. Si può dire che la reazione è stata fuori misura, che la preside s’è fatta prendere la mano, ma anche così la vicenda resta una questione privata, probabilmente destinata a finire nel nulla.

Noi, pur non nascondendo una naturale simpatia per la prof di religione, ci domandiamo allora il perché di tanto clamore. E ci coglie il dubbio che se la preside fosse un’altra persona non ci sarebbe stata la stessa attenzione.

Certamente il coro dei sostenitori di suor Luisella cresce anche sull’onda di un qualche fattore emotivo, ma non sarà che nel mezzo c’è qualche voce più interessata ad una strumentalizzazione politica che a questioni di principio?

Ci perdonerete, ma nel caso ci sembrerebbe esser questo che l’insegnante – conosciutissima e apprezzatissima in città – merita di meno.

14 thoughts on “Suor Luisella e le voci del coro”

  1. Blasetti Lorenzo

    Resto allibito nel leggere questo articolo e nel ridurre ad una “contesa” e ad una “questione privata” un fatto gravissimo che giustamente ha scosso la coscienza di quanti hanno alto il senso della giustizia, della dignità umana, della libertà, della trasmissione di valori che non siano quelli dell’appiattimento e della sudditanza nei confronti di chi crede di poter spadroneggiare trasformando un ruolo di servizio in un ruolo di potere. Alludere poi al fatto che ci possa essere “qualche voce più interessata ad una strumentalizzazione politica che a questioni di principio” è ancora una volta l’espressione di una miopia che porta a non vedere che, quando c’è in gioco la persona e la sua dignità, quello che conta è schierarsi dalla parte di chi subisce il torto e non alzare il torbido per confondere le acque. Ancora una volta debbo constatare che Frontiera, giornale della diocesi di Rieti (?), si distingue per l'”esemplarità” dei suoi interventi. Soprattutto da un punto di vista cristiano: etichettare come “una storia di scarso interesse” una vicenda di palese ingiustizia nei confronti di una persona, una storia che coinvolge la scuola più importante (fino a qualche tempo fa) della nostra provincia e dunque gli studenti, le loro famiglie, gli insegnanti e la loro dignità professionale, i valori che una scuola dovrebbe trasmettere, lo ritengo davvero inconcepibile sotto tutti i punti di vista.

  2. Lorenzo Blasetti

    “E’ una faccenda privata strumentalizzata ad arte” (Lidia Nobili sul Corriere di Rieti del 14 marzo); “la vicenda resta una questione privata”. Chi ha orecchi intenda. Ma almeno Frontiera abbia il coraggio di dire come stanno veramente le cose.

    1. Redazione Frontiera

      Viene chiesto a «Frontiera» di “dire la verità” in merito alla questione che vede protagoniste la preside Nobili e la prof.ssa Maino (religiosa e insegnante di Religione). Una questione di cui «Frontiera» è venuta a conoscenza solo dai giornali e dalla rete e sulla quale non ha a disposizione né documenti, né testimonianze.
      La contrapposizione tra le due donne, note alla città per diversi motivi e in ragione dei ruoli ricoperti, non ha a che fare né con le funzioni religiose e di insegnante di Religione che svolge suor Luisella o quale espressione della Chiesa locale, né con la specifica funzione docente in senso lato, né con le funzioni politiche della preside Nobili (vogliamo crederlo).
      La preside avrebbe querelato l’insegnante per tutelarsi, mentre l’insegnante avrebbe solo espresso una sua opinione: ci sarà un giudice che deciderà.
      Non c’entra né la dignità umana, né l’apprezzamento corale di cui gode a giusto titolo la docente.
      Noi riteniamo che ognuno possa esprimere liberamente le proprie opinioni, senza temere di essere querelato, ma neppure deriso o sbeffeggiato, e che a maggior ragione possa e debba farlo nelle sedi a ciò deputate come un Collegio Docenti; riteniamo che la libertà di espressione del pensiero valga sempre, anche quando si scrive, per esempio, su un settimanale o su un giornale online e si esprimono visioni e giudizi che possono non piacere sul clero, sulla liturgia, sulle parrocchie, sulla vita della Chiesa.
      In merito alla questione venutasi a creare al Liceo Classico però, sorgono alcune domande: perché si è saputo solo ora di una querela che risalirebbe ai primi di dicembre? Perché vi sarebbe stata solo ora una lettera di alcuni ex docenti e dirigenti di quella scuola? È tutto, o vi è dell’altro?
      Questo non possiamo saperlo e vogliamo augurarci – a questo punto – che si faccia piena luce su una questione che doveva restare tra le mura della scuola ed essere chiarita in quel contesto, come ve ne sono state e ve ne sono tante altre.

  3. Lorenzo Blasetti

    La risposta si commenta da sola. E mi conferma su quello che ho sempre pensato e detto: la spesa della diocesi per sostenere questa testata “di Rieti e Provincia” (dunque non della diocesi) è davvero uno spreco inutile e dannoso.

    1. David Fabrizi Post Author

      Ringrazio don Lorenzo Blasetti per le sue preziose considerazioni: mi danno l’occasione per dire alcune cose. «Frontiera» è una «testata “di Rieti e Provincia”» non perché non sia “della diocesi”, ma perché la diocesi si trova all’interno di Rieti e Provincia: la Chiesa nella società.
      Questo è quello che cerca di fare «Frontiera»: guardare dentro alla Chiesa e alla società per capire cosa accade, come siamo messi da fedeli e da cittadini di questa comunità, sforzandoci di essere onesti, di raccontare le cose per quello che sono più che per come ci piacerebbe che fossero.
      Insieme a questo, «Frontiera» prova anche a dare conto di quanto la diocesi – nelle sue componenti più vitali e meno autoreferenziali – propone alla società, di come interviene con opere di carità attiva e di formazione culturale, e di come, all’inverso, i cambiamenti della società impattino sulla realtà della Chiesa.
      Nei limiti del possibile il giornale porta avanti pure il tentativo di raccontare le esperienze “interne” della Chiesa locale, quelle dei gruppi, dei movimenti, delle associazioni, anche se si tratta spesso di realtà un po’ chiuse, dalle quali non è sempre facile avere notizie.
      Ma non basta: perché «Frontiera» non rinuncia neppure a seguire il filo della Chiesa Universale, a raccontare alla città e alla provincia di Rieti il pensiero del Santo Padre, le indicazioni della Conferenza Episcopale, la persecuzione dei cristiani nel mondo, le tante esperienze positive che nascono nel seno di territori diversi dal nostro.
      Si sforza anche di non perdere di vista il panorama nazionale e gli sviluppi del discorso europeo, di avere un occhio vigile sulle grandi vicende internazionali, di tenere il passo delle scoperte della scienza e della tecnica, di cogliere il segno dei tempi nei fenomeni culturali (la Tv, il Cinema, la Musica, lo Sport). Uno sforzo compiuto in parte con le proprie forze, in parte grazie all’aiuto dell’ecosistema dei media cattolici (Fisc, Sir, Tv2000, Zenit, ecc.) dei quali il giornale è parte e dai quali è guardato con un interesse e un apprezzamento dimostrato anche dalla reciproca ripubblicazione.
      Questa esperienza viene portata avanti con tenacia dalla piccola redazione «Frontiera», che si ostina a produrre un settimanale cartaceo, tenere aggiornato un quotidiano on-line e a produrre filmati per la propra WebTv nonostante una certa ostilità di alcuni sacerdoti e la sostanziale indifferenza di molti altri, che non si curano minimamente di conoscere e far conoscere il giornale diocesano, né lo usano per divulgare il proprio pensiero e le proprie iniziative.
      Che «Frontiera» per don Lorenzo Blasetti sia «davvero uno spreco inutile e dannoso», dunque, non mi stupisce. Mi piacerebbe però sapere da lui quale alternativa utile e benefica ha da proporre alla diocesi, alla città e alla provincia di Rieti nel campo delle comunicazioni sociali.

  4. Lorenzo Blasetti

    I giornalisti “onesti” non scrivono pezzi basandosi su quello che si legge sugli altri giornali come afferma chiaramente la Redazione di Frontiera, a proposito della questione Lidia Nobili (la questione è questa, non sr Luisella, vittima di una palese ingiustizia) quando afferma “Una questione di cui «Frontiera» è venuta a conoscenza solo dai giornali e dalla rete e sulla quale non ha a disposizione né documenti, né testimonianze”. I giornalisti “onesti” sono quelli che raccolgono documenti e testimonianze, prima di sproloquiare su argomenti che non conoscono. In quanto poi al fatto che il giornale avrebbe come testata “Rieti e provincia” e non “Diocesi di Rieti” perché come afferma David Fabrizi “«Frontiera» è una «testata “di Rieti e Provincia”» non perché non sia “della diocesi”, ma perché la diocesi si trova all’interno di Rieti e Provincia: la Chiesa nella società” beh, qui scendiamo nel ridicolo. Infatti è proprio perché la chiesa è “dentro” la società che nella testata andrebbe specificato il soggetto. Dunque “Diocesi di Rieti (chiesa) nella provincia”. Quelli di Frontiera hanno avuto la brillante idea che per dirci che la diocesi è “dentro” la provincia di Rieti l’hanno tagliata totalmente “fuori”. In questo modo succede che su Frontiera leggiamo delle “amenità” di carattere “ecclesiologico” che farebbero semplicemente ridere se non ci fosse da piangere (naturalmente a spese della diocesi!). Non entro nel merito dell’autoesaltazione che Frontiera fa di se stessa se non per ricordare che, evangelicamente parlando, “chi si esalta sarà umiliato”. In quanto alle alternative, beh se mi mettessi a ricordare gli interventi e le proposte che ho fatto nelle sedi opportune cadrei nello stesso vizio che ho appena denunciato: mi autoesalterei e, siccome un po’ di vangelo circola nella mia testa e anche nel mio cuore, tralascio.

  5. Fabio

    interessanti i vostri scambi di opinioni su Frontiera.
    Sulla vicenda e sull’ultima lidiata vedo un disperato bisogno della Colorata di non affondare nell’oblio, stavolta inventandosi un atto volgare nei confronti di una persona stimata da tutti ed emblema a Rieti di una Chiesa colta, impegnata e dialogante.
    Frontiera forse ha come sempre evitato di pistare troppo i calli al potentuccio di turno.
    A consolare gli oppressi ci penserà il buon Dio
    A non stuzzicare gli oppressori ci pensiamo noi qua giù.
    …che qui teniamo famiglia

  6. Redazione Frontiera

    La Nobili in questo momento particolare non è propriamente il “potentuccio di turno” e chi legge Frontiera vede come invece “pista i calli” a quelli che sono al comando, sia di destra che di sinistra, su questioni specifiche e su atti concreti e visibili. Quindi la critica appena sopra mi pare francamente priva di contatto con la realtà. Di conseguenza il qui teniamo famiglia non riguarda né la dimensione ecclesiale né quella personale di chi scrive sul giornale.

  7. Lorenzo Blasetti

    Ancora una volta Frontiera dimostra di non sapere di che cosa stia parlando o fa finta di non saperlo facendo passare subdolamente l’idea che Lidia Nobili sia, poverina, la “vittima” di una vicenda che per fortuna chi ha un po’ di coscienza e di senso della giustizia sa bene come e perché sia nata e si stia svolgendo. Ma voglio porre una domanda alla Redazione che fa credere di essere molto a contatto con la realtà: qualcuno di voi si è preso la briga di ascoltare direttamente sr Luisella Maino? Un giornale di una diocesi seria si sarebbe preoccupato di ascoltare un insegnante di religione, laico o no, che, lungi dall’essere semplicemente un privato, nella scuola è comunque un “rappresentante” della chiesa locale da cui è mandato. Già, un giornale di una diocesi seria…. Siamo in un altro mondo che Frontiera sembra di non conoscere.

  8. Francesco Saverio Pasquetti

    Mi permetto sommessamente di intervenire in questa discussione e lo faccio, oltre che da credente, anche da ex alunno del liceo nonchè da avvocato.
    Francamente, e me ne duole doverlo affermare, al leggere l’articolo dell’amico David sono rimasto negativamente sorpreso dalla gratuità di un commento che assai poco – se non nulla – ha di giornalistico poichè privo di notizie che possano aggiornare il lettore sulla “querelle” in corso. Condivido l’affermazione di don Lorenzo: le notizie si apprendono dalle fonti, e non si può scriver “per sentito dire” ( e qui penso parimenti di poter dire la mia, avendo fatto il giornalista per 25 anni). Rimaneva un’unica strada, dunque: il commento. Ma di “opinion leader” ce ne sono pochi. Montanelli – all’epoca – Scalfari, Mieli e pochi altri. E ciò che leggo non è certo il commento che ci si poteva e doveva attendere dall’organo di informazione diocesano, tutt’altro. Era auspicabile una ferma presa di posizione a favore di chi – religiosa o meno – ha subito un’iniziativa che invito l’amico David a non banalizzare, affatto. Sapere di esser stati oggetto di una querela non è certo una circostanza gradevole e l’effetto ingenerato a danno della carissima Suor Luisella è tutt’altro che lungi dall’essersi attenuato. L’ho incontrata ieri, finalmente, in quella che è stata la mia ex scuola e che oggi stento a riconoscere. Ho sentito l’esigenza profonda di portarle la mia stima, il mio affetto, la mia solidarietà. Mi sono messo a disposizione gratuitamente nel mio ruolo professionale. Ma – ed è ciò che temevo – ho incontrato una persona profondamente scossa, quasi incredula dinanzi ad un atto che, seppur legittimo sotto il profilo giuridico per il querelante, l’ha colpita duramente. L’ho abbracciata ed ho sentito il desiderio di starle vicino perchè so, per averlo visto tante volte in vent’anni, cosa si prova in situazioni del genere.”Noi, pur non nascondendo una naturale simpatia per la prof di religione, ci domandiamo allora il perché di tanto clamore. E ci coglie il dubbio che se la preside fosse un’altra persona non ci sarebbe stata la stessa attenzione.” Parole, caro David, che stonano, davvero: non è moralmente concepibile porre sullo stesso piano i due attori di questa vicenda. I ruoli, la figura, lo spessore li rendono distanti anni luce. Uno di essi è attore protagonista della vicenda, l’altra involontaria anzi, tirata a forza in una questione che umanamente e professionalmente non posso che definire “grottesca”. L’una è abituata da anni alle prime pagine dei giornali; l’altra ha sempre preferito lavorare in silenzio, per i ragazzi e per la loro formazione innanzitutto di buoni cittadini poi, se possibile, di buoni cristiani. Per indole e vocazione questa è dedita al nascondimento, alla preghiera e lo manifesta anche fisicamente. L’altra, invece, ne è l’esatto opposto. Dunque ritengo che nella tua valutazione del clamore mediatico della vicenda ( e cioè il ruolo politico di una delle due) tu stia totalmente fuori strada. La politica non c’entra nulla e sono i fatti a parlare con chiarezza. Dinanzi alla protesta dei ragazzi andata in scena mesi fa ed ai loro striscioni dissacranti, ciò che appare è che – mutuando un luogo comune calcistico – non potendo il presidente cacciare tutti i giocatori abbia “esonerato” l’allenatore. E dunque, come usava fare Israele nel deserto con il famoso “capro espiatorio”, si è deciso di mandare suor Luisella “ad Azazel”. Ma il boomerang è stato di una tale portata che forse neanche l’attore protagonista della vicenda se lo aspettava. Perchè il “capro” mandato ad Azazel era davvero l’ultimo contro cui prendersela: troppo stridente il contrasto. Troppo evidente l’azzardo. Troppo surreale la vicenda ingenerata per passare sotto silenzio. Per esser semplicemente considerata come una vicenda privata, personale: e non poteva certo esserlo, trattandosi di un fatto verificatosi all’interno di un istituto pubblico, durante una riunione ufficiale e nell’ambito del quale entrambe erano presenti quali dipendenti dello Stato e nel pieno delle funzione ad esse attribuite dai loro ruoli.Oggi, caro David, è la piazza virtuale ( e non più la piccola, pettegola, riottosa piazza Vittorio Emanuele) quella dove le persone si confrontano, scambiano opinioni, protestano, gioiscono, soffrono, piangono – a volte – e manifestano la loro solidarietà. Banalizzare un’onda emotiva e solidaristica di tale impatto è, francamente, giornalisticamente poco etico e cronisticamente lontano dalla realtà(” E a sostegno della docente è stata aperta l’immancabile pagina Facebook e lanciato l’immancabile hashtag: #jesuissuorluisella.”). Se debbo esprimere la mia personale opinione di legale per formazione morale e professionale poco avvezzo – se non in casi davvero eclatanti – a consigliare la strada della querela penale, se mi fosse stato posto il caso avrei assolutamente sconsigliato una tale iniziativa. E, questo lo dico da ex alunno, avrei fatto riflettere il mio interlocutore sul contraccolpo che una pubblicità di tal genere – visto il suo ruolo nell’istituto – avrebbe determinato sulle sorti già incerte ed esangui del glorioso “Varrone”. L’immagine che la scuola da alla città non è certo quella dell’autorità culturale, del “faro” filosofico e sociologico che un tale istituto è chiamato ad avere. Ricordo (era il lontano 1984) che quasi piansi – dinanzi ai quadri degli esami – per il dispiacere di dover lasciare quella scuola, quegli insegnanti cui sarò sempre, infinitamente grato. Oggi – e lo dico per aver sentito parlare così tanti ragazzi che ne hanno fatto parte e che ne fanno parte – i giovani non vedono l’ora di andarsene da quel glorioso fabbricato e, se domandati, il più delle volte “sconsigliano vivamente” dall’accedervi. Nessun manifesto sull’etimologia delle parole (di cui è tappezzata la città) potrà mai convincere dinanzi a tali “disagi”. Dunque, caro David, “frontiera” rammenti il suo ruolo ed eviti di banalizzarlo. Se davvero è la voce della chiesa reatina, non abdichi al suo ruolo “profetico” in senso alto, ma “dica la sua” prendendo posizione. Ma che sia una posizione sapiente e, se necessario, coraggiosa e non tiepida. Un’opinione illuminata, non spenta, banale, quasi cinica. Altrimenti è meglio tacere.

  9. Lorenzo Blasetti

    Caro Francesco, condivido il tuo intervento pienamente. Consentimi tuttavia di fare una piccola ma significativa osservazione. Tu dici che sr Luisella è “profondamente scossa” dalla vicenda. Sì, se per scossa intendiamo “infastidita”. In effetti, chi non lo sarebbe ? Ma nel fastidio sr Luisella è profondamente serena perché sa di aver fatto solo il suo dovere e di non aver offeso nessuno con il suo intervento del tutto legittimo e doveroso nel contesto di un collegio di docenti dove, credo, la libertà di parola garantita dalla Costituzione, non può essere abolita da nessuno. Sono comunque con te per quanto affermi e condivido con sofferenza le tue osservazioni a proposito di Frontiera che continua, con i suoi interventi, a confermarmi nell’idea che la spesa della diocesi per mantenerla in vita è uno speco inutile e dannoso. Per la verità lo pensano anche tanti miei confratelli.

  10. Massimo Casciani

    Lo scopo di un settimanale cattolico (Frontiera non è mai stato un settimanale diocesano, neppure in precedenza) è quello di suscitare dibattiti sereni e di far riflettere. Si occupa del rapporto con la società civile, delle notizie e dei fatti di Chiesa senza pretendere di dire la verità, e Frontiera è portata ad esempio proprio per queste peculiarità, sia dal SIR (servizio informazione religiosa della CEI) sia dalla FISC (federazione italiana settimanali cattolici). Non ci autoelogiamo: è semplicemente quanto ci dicono questi enti senza conoscerci personalmente. Il genere letterario di un giornale online e di un settimanale cartaceo non può essere né omiletico, né catechetico, né parenetico, né apologetico, se vuole essere “moderno”.
    In questo senso non censura mai opinioni diverse, mentre sembrerebbe che si vorrebbe fare proprio questo definendolo inutile e dannoso: censurare idee diverse, che non siano a misura di quanto pensano alcuni. Se poi tanti confratelli (forse 18, ma la Chiesa di Rieti e più grande, perché c’è un vescovo, altri 50 sacerdoti, 15 diaconi, religiosi e religiose e tanti laici) pensano che sia inutile e dannoso, allora potranno proporre un modo diverso di fare informazione religiosa tra qualche mese.
    Ma se non si accolgono idee diverse e non si dialoga si torna indietro di secoli. Si possono esprimere idee divergenti senza offendere, senza denigrare, senza prendere sempre partito dividendo il mondo tra chi è con noi e chi è contro di noi, senza togliere il saluto, senza guardare con risentimento. Altrimenti ci rimangiamo quanto predichiamo e ciò che diciamo di essere. Non dobbiamo mai leggere solo i giornali che dicono solo quello pensiamo noi, altrimenti restiamo fermi. Possiamo non essere d’accordo ma leggiamo anche chi la pensa diversamente. Dalla rabbia e dal risentimento, da parte di alcuni, percepiti in questi anni contro Frontiera ho capito perché la Chiesa ha ucciso nei secoli passati, ma per fatti e pensieri molto più gravi. Questo fa pensare, delude e suscita grande pena.

  11. Lorenzo Blasetti

    Ci mancava il commento di Massimo Casciani per completare il quadro. Puntuale è arrivato. Ne sentivamo la mancanza. Ora sì che abbiamo chiaro il significato di un settimanale “cattolico” “non diocesano”. Ai 18 preti (ma anche agli altri) è stato detto sempre il contrario, se non altro per il costo a carico della diocesi. Ma Massimo Casciani, con la sua chiarezza, ci ha detto cose molto interessanti. Un giornale “cattolico” ma “non diocesano” può tranquillamente parlare di un evento capitato ad un’insegnate di religione (persona diocesana) così come ha fatto Frontiera, avallando la tesi di chi ha promosso l’iniziativa della denuncia, senza avvertire la necessità di di ascoltare l’interessata. Non so dove stia il “cattolicesimo” in questo modo di fare, a meno che i giornalisti cattolici di questa diocesi non abbiano un concetto di onestà che li dispensa dal documentare seriamente quello che scrivono e i fatti che raccontano. Ripongo la domanda anche al giornalista “cattolico” Massimo Casciani: avete avuto l’onestà di alzare il telefono e sentire dalla voce di Sr Luisella come stanno le cose? Tutto il resto è uno sproloquiare a difesa di una posizione indifendibile sotto tutti i punti di vista, così come hanno testimoniato un numero straordinario di uomini e donne che hanno ben capito come stanno le cose. Così come hanno testimoniato quei 18 preti che anche loro hanno provocato un palese fastidio al cattolico Massimo Casciani. Eh sì, bisogna riconoscere che nel recinto “cattolico” di Frontiera queste voci siano giunte con un certo fastidio, mentre la voce della dirigente scolastica si è fatta sentire sonoramente al punto che Frontiera ha ripetuto pedissequamente quello che dalla stessa è stato affermato nel comizio tenuto su “Radio si serva signora”.

  12. Francesco Saverio Pasquetti

    Astenendomi da ogni valutazione personale e personalistica, ritengo tuttavia opportuno ed alla luce del nuovo intervento, dover puntualizzare alcune cose sotto il profilo della linea editoriale di “frontiera”, della sua diretta derivazione diocesana nonchè della sua appartenenza – volente o nolente – agli organi di stampa cattolici. Dalla definizione che viene data di un “settimanale cattolico” il quadro che ne esce è eufemisticamente definibile “triste” se non addirittura dimesso. Rammento che – aldilà del “cattolico” o diocesano” che sia – un organo di stampa deve innanzitutto fare informazione nel senso cronistico del termine. Ogni testata che si rispetti e che sia degna di questo nome sceglie una propria linea editoriale che porta avanti sia sul fronte delle notizie riportate che, soprattutto, nel modo di riportarle, e lo fa tenendo conto dei principi che ne hanno ispirato la nascita e la sua “discesa in campo” in ambito giornalistico. Mi pare allora riduttivo affermare che Frontiera debba limitarsi a ” suscitare dibattiti sereni” e “far riflettere”, come eccessivamente asettico se non addirittura “amorfo” in senso letterale appare quel ruolo descritto immediatamente dopo allorchè la “mancata pretesa di dire la verità” costituirebbe motivo di vanto presso il SIR e la FISC. Tutto qui dunque il ruolo di Frontiera? In tempi ardui e difficili come questi in cui i cattolici sono oramai una minoranza, in cui il pensiero dominante relativista del “tutto è lecito” s’impone a macchia d’olio, in cui la violenza, la sopraffazione, l’ingiustizia e la ruberia sono all’ordine del giorno, mi pare davvero poco se non tale da giustificare l’affermazione di don Lorenzo, ovvero “inutile”. In base ad una presunta esigenza di “modernità”, difatti, (“Il genere letterario di un giornale online e di un settimanale cartaceo non può essere né omiletico, né catechetico, né parenetico, né apologetico, se vuole essere “moderno”), Frontiera pare effettivamente abdicare al suo ruolo peculiare che è quello – a mio parere,e per averlo vissuto in casa sin dagli albori della sua nascita – di far sentire la voce profetica della chiesa a cui nessun modernismo può e deve “tappare” la bocca. Una voce che, con sapienza e mestiere giornalistico e con le parole adeguate, può e deve trovar spazio su un settimanale cattolico/diocesano che, altrimenti – per come anonimamente si pone oggi – ha poco senso di esistere. Il fatto di “non censurare mai opinioni diverse” rischia – se intrapreso in forza di un libertarismo strisciante – di condurre frontiera, attraverso una pericolosa deriva, a quel tollerantismo oggi tanto di moda. Frontiera non può e non deve mai dimenticare le sue origini, le sue fondamenta, le sue ispirazioni etiche e morali: dunque spazio alle opinioni delle persone, ma condanna ferma al “peccato” in senso ampio, secondo quel fondamentale principio secondo cui la chiesa di Cristo “condanna il peccato ma non il peccatore”, come accade proprio nel Vangelo di oggi: Gesù, dinanzi all’adultera colta in flagranza, la perdona ma conclude: “va e non peccare più”. Un esempio di questa condotta giornalistica ferma e fedele sia alla deontologia professionale che al Vangelo è il quotidiano “Avvenire”: dopo la sentenza di assoluzione di Berlusconi nel c.d. “processo Ruby”, non ha avuto timore di ricordare che, seppur assolto dai reati, l’ex premier non poteva certo vantarsi eticamente e moralmente di quanto emerso nel corso del processo stesso. “accogliere idee diverse” o “dialogare” non vuol dire porre praticamente sullo stesso piano vittima e carnefice, giusto ed empio, fariseo e pubblicano. Questo, purtroppo, è ciò che emerge da “Frontiera” di oggi: un settimanale con una linea editoriale anonima , spesso in contrasto se non con i propri principi ispiratori, certo con gli uomini che costituiscono la chiesa reatina ed ai quali oggi il Signore – volenti o nolenti – l’ha affidata e dei quali non può e non deve prescindere. Mi sia consentita infine una valutazione della conclusione dell’ultimo intervento: che la civile seppur animosa polemica che qui si è sviluppata abbia fatto capire “perché la Chiesa ha ucciso nei secoli passati, ma per fatti e pensieri molto più gravi” e che proprio “Questo fa pensare, delude e suscita grande pena” è sinceramente stupefacente! Mi colpisce in senso assolutamente negativo che si possano fare affermazioni tanto fuori luogo e che le stesse, probabilmente utilizzate come arma contro i propri detrattori, altro non facciano che porre in cattiva luce quella chiesa di Cristo che ogni battezzato è chiamato ad amare e a difendere aldilà degli uomini che la rappresentano. Ed ancor più negativo è il fatto che tale affermazione, esternata pubblicamente e dunque ad uso di chiunque, provenga da chi ha un ruolo attivo nella nostra chiesa e la rappresenta anche nel corpo insegnante: usare il luogo comune – tipico del laicismo becero ed ignorante – della “chiesa che ha ucciso nei secoli passati” lo ritengo francamente inaccettabile. Forse giustificato dall’animosità della polemica, ma senz’altro sviscerato con eccessiva leggerezza e superficialità, senza una riflessione adeguata sulle sue conseguenze. La prudenza, diceva San Tommaso, è “auriga virtutum”: è forse opportuno riscoprirla e, soprattutto, fare in modo che essa guidi le nostre azioni e le nostre parole di uomini e cristiani. Saluti.

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