Su l’otto per mille è bene che i sacerdoti spendano una parola

Matteo Calabresi, responsabile del Servizio per la promozione del Sostegno economico alla Chiesa cattolica: “L’anello debole della promozione sono i sacerdoti che forse spinti dal pudore del ‘non sappia la mano sinistra di ciò che fa la destra’ evitano di parlare di risorse economiche e di denaro. Al contrario, i fedeli apprezzano molto che se ne parli”.

“A fronte di un miliardo di euro o poco più, la Chiesa cattolica restituisce in servizi e opportunità dieci volte tanto”. Così monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, in un’intervista concessa al Sir all’inizio di gennaio, parlava dei fondi dell’8×1000 e del loro impiego. Migliaia d’interventi per la carità e la pastorale a livello nazionale e nelle 226 diocesi italiane, soldi investiti in progetti caritativi e umanitari anche nei Paesi in via di sviluppo e per il sostentamento dei sacerdoti diocesani impegnati nelle parrocchie o in missione. Una vera e propria mappa della solidarietà. Purtroppo per il 2015 si prevede la diminuzione delle firme a favore dell’8×1000 alla Chiesa italiana, dall’82,28% all’80,27%. Una previsione che, secondo quanto detto dallo stesso segretario generale della Cei al recente convegno nazionale degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero, “impegna la Chiesa a trovare modalità per accrescere nell’opinione pubblica – a partire dagli stessi sacerdoti – una nuova sensibilità”. Ne abbiamo parlato con Matteo Calabresi, responsabile del Servizio per la promozione del Sostegno economico alla Chiesa cattolica. “Confermo il trend in diminuzione delle firme alla Chiesa per i dati del 2015 (riferiti alle dichiarazioni fiscali del 2012)”, spiega il responsabile, per il quale “l’anello debole della promozione sono i sacerdoti che forse spinti dal pudore del ‘non sappia la mano sinistra di ciò che fa la destra’ evitano di parlare di risorse economiche e di denaro. Al contrario i fedeli apprezzano molto che se ne parli. Sembra che il meccanismo dell’8xmille venga vissuto dai sacerdoti come un qualcosa di assodato, scontato, di conseguenza la promozione è un’attività che deve essere portata avanti da altri”.

Chi dovrebbero essere questi “altri”?
“Innanzitutto i laici che in qualche modo intervengono, ma poco, e poi la Cei che a volte a livello locale viene percepita come qualcosa di ‘terzo’. Ma la Cei sono i vescovi e le diocesi, i sacerdoti stessi. Dal punto di vista della sensibilizzazione e della mobilitazione occorre continuare il lavoro. A tale riguardo abbiamo creato un data base per stimolare i nostri incaricati diocesani a far nominare dai parroci un incaricato parrocchiale e implementare il numero delle persone che si occupano del ‘sovvenire’ anche nelle parrocchie. Queste ultime non sono ancora tutte coperte, ma è necessario che la mobilitazione avvenga dal basso. Serve lavorare a una maggiore capillarità”.

La chiave di volta per stimolare le comunità è quindi il clero?
“Soprattutto la formazione e la sensibilizzazione del clero. Sarebbe importante organizzare degli incontri di formazione a livello diocesano. Le ricerche ci dicono che sono ancora troppi i sacerdoti che non conoscono il sistema di sostegno economico della Chiesa, e ancora molti quelli che ritengono inopportuno parlarne apertamente con i fedeli”.

La spinta più grande sembra arrivare dalle opere solidali finanziate dall’8×1000. Il modo migliore per favorire la firma motivata dell’8×1000 alla Chiesa…
“Dove i fondi arrivano e dove questi ultimi riescono a cambiare radicalmente la vita di tante persone ‘ai margini’, l’effetto benefico è evidente e chiaro a tutti, così come la riconoscenza per una grazia ricevuta. La cosa più bella dell’8×1000 è scoprire in che modo viene utilizzato. La creatività messa in campo dalle nostre Chiese è incredibile. Il più alto numero di progetti riguarda le nuove povertà che coinvolgono un numero sempre maggiore di italiani. Per accrescere questa sensibilità nell’opinione pubblica il Servizio che dirigo svolge molte azioni”.

Quali?
“La campagna ‘Chiedilo a loro’, per esempio, è il racconto delle tante storie di vita aiutate dai fondi della Chiesa ogni anno, storie vere di persone in difficoltà e di sacerdoti e volontari e operatori che trasformano questi fondi in Vangelo che va in soccorso dei più poveri. Lo raccontiamo in tv, su Internet, alla radio, sulla stampa, attraverso la presenza negli incontri dei movimenti ecclesiali, e nelle diocesi e parrocchie. Purtroppo, come dicevo, la parte che forse fino ad oggi è mancata è la partecipazione attiva delle parrocchie. Sono ancora troppo poche quelle che propongono una sensibilizzazione attiva e formativa sull’8×1000. Le campagne di comunicazione a livello centrale sono importanti, ma un incontro parrocchiale faccia a faccia ha un’efficacia maggiore. Far capire cos’è l’8×1000, i valori alla base del meccanismo, le ricadute positive sulla popolazione e come vengono spesi i fondi sono notizie che alla gente interessano molto”.

A proposito di come vengono spesi i fondi… Quanto aiuta la trasparenza nei rendiconti dell’8×1000 per la raccolta di firme?
“Una ricerca effettuata dal nostro Servizio mostra il forte grado di correlazione fra trasparenza nella gestione della chiesa locale e fiducia nei confronti della Chiesa stessa e propensione a donare. La ricerca mostra che in quelle parrocchie dove la trasparenza viene applicata, la fiducia nei confronti della Chiesa è molto più alta rispetto alle parrocchie poco trasparenti. Nel concreto questo si ripercuote anche sulle offerte, nelle parrocchie ‘trasparenti’ le offerte sono maggiori”.