Scampia: non arrendersi al male

Oggi due killer hanno inseguito un uomo fin dentro una scuola materna e lo hanno ucciso.

Don Francesco Minervino, decano di Scampia-Miano–Chiaiano: «La nostra storia, piena di bene e di santità, rischia di essere dimenticata. Gli omicidi si susseguono. È sbagliato pensare che c’è stata una prima faida anni fa e ora è ripresa. Non si è mai interrotta. Ecco perché lo Stato democratico deve prendere possesso di questi quartieri».

Agguato a Scampia, alla periferia di Napoli, questa mattina. Ad essere ucciso Luigi Lucenti, 50 anni, con molti precedenti penali. L’uomo, colpito sotto casa da due killer, a volto coperto a bordo di uno scooter, è fuggito nel cortile della scuola materna Montale del quinto circolo scolastico, dove è stato raggiunto e freddato dai sicari. Secondo gli inquirenti, l’omicidio Lucenti rientra nell’ambito della faida di Scampia tra “girati” e “scissionisti”.

Quattro giorni fa l’ultima vittima era stato uno scissionista ucciso e poi abbandonato lungo la strada statale che porta a Melito. Il 9 novembre scorso il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, al termine della fiaccolata ecumenica per le vittime innocenti delle mafie, aveva detto rivolto ai camorristi: «Sappiate che da parte nostra non ci può essere alcuna indulgenza. Siamo su sponde distinte e distanti finché rimanete sotto il tunnel della violenza e della morte».

Gigliola Alfaro, per il Sir, ha chiesto a don Francesco Minervino, decano di Scampia-Miano–Chiaiano (diocesi di Napoli), di raccontare le difficoltà di un’area ormai tristemente nota per la camorra.

Don Francesco, oggi un uomo è stato ucciso in una scuola materna: la camorra non rispetta più neanche l’infanzia?

La scuola per noi è un luogo sacro e inviolabile perché ci sono i bambini, ma chi vive di violenza, soprattutto in queste forme estreme che comprendono l’omicidio, non ha dignità e non ha rispetto della vita e anche di luoghi dove la vita deve essere protetta, com’è una scuola.

Che aria si respira oggi a Scampia?

Qualche giorno fa a Miano, zona limitrofa a Scampia, si è aperta, vicino alla parrocchia di Maria Santissima Assunta in Cielo, una voragine profonda più di 8 metri e ampia circa 15 metri: una vettura, con tre persone a bordo di cui una paraplegica, è stata inghiottita. In questa voragine è precipitato anche il Crocifisso in bronzo del 1884. Voglio trarre spunto da questo episodio per dire che questa periferia sprofonda sempre di più! Le nostre strade non sono più sicure, in ogni senso. Come dimenticare Lino Romano, ucciso per errore sotto casa della fidanzata a Marianella o adesso l’agguato nella scuola? La gente è smarrita di fronte a tutto questo. Penso alle mamme dei bambini della scuola dove è avvenuto l’omicidio, penso agli insegnanti e ai piccoli scolari. Quello che è successo è come la voragine di Miano, una ferita nel tessuto sociale di un quartiere. Certo, c’è sempre la forza di tanti poveri ‘cristi’ che, rialzandosi, fanno capire che non dobbiamo precipitare nel vuoto, ma c’è, e lo dico a nome di tutti i parroci della zona, un vuoto istituzionale che pesa. Le forze dell’ordine stanno facendo veramente tanto, ma non basta.

Cosa manca?

La vita ordinaria. Siamo in un tempo di crisi, ma qui manca proprio la vivibilità quotidiana. C’è bisogno di entrare nel vissuto sociale di questi quartieri per combattere la camorra. Purtroppo, la criminalità organizzata è entrata nella vita di tutti i giorni di chi è stato lasciato solo e senza diritti. Così si è creato questo sistema parallelo. La nostra storia, piena di bene e di santità, rischia di essere dimenticata. Gli omicidi si susseguono. È sbagliato pensare che c’è stata una prima faida anni fa e ora è ripresa. Non si è mai interrotta. Ecco perché lo Stato democratico deve prendere possesso di questi quartieri non solo con le forze dell’ordine, ma con la politica, garantendo ai cittadini i loro diritti e pretendendo che facciano il loro dovere. È necessario il rispetto delle norme della vita quotidiana. Purtroppo, in questi territori c’è brava gente e ci sono pure delinquenti, che, pur essendo una minoranza, riescono ad avere il sopravvento, gestendo anche la vita sociale dei quartieri.

Qual è la risposta della Chiesa a questa situazione?

La Chiesa supplisce da anni a compiti che non le spetterebbero. Come comunità ecclesiale siamo realtà presente 24 ore su 24. Non abbiamo paura di dire no alla camorra. L’anticamorra si fa nella vita ordinaria, condividendo l’esistenza di chi risiede in questi quartieri e sostenendo le forze, le speranze, le energie.

Come combattere tra i giovani la cultura dell’illegalità?

La Chiesa dice chiaramente che spacciare è peccato, ma fa peccato anche chi viene a comprare qui la droga. Di qui l’importanza della sfida educativa, rilanciata dalla Chiesa italiana, che facciamo nostra in questi territori. Purtroppo, la camorra ‘investe’ sui giovani, come dimostra l’età sempre più bassa dei nuovi boss. Questo deve far riflettere: mentre in altri settori della vita democratica e partecipata i giovani sono esclusi, la criminalità punta sui giovani, poco scolarizzati. E questo è un altro problema: la dispersione scolastica, sconfitta di tutte le agenzie educative. Scampia è un po’ l’emblema di tutte quelle realtà del nostro Paese dove è consuetudine delinquere, senza farsene un problema. In un tempo dove regna il relativismo etico, come dice il Papa, tutto diventa lecito. Di qui il nostro grande impegno nella formazione delle coscienze, senza clamore e senza riflettori. La Chiesa opera in questi nostri quartieri come un lievito, nel nascondimento. Ed è l’unica forza di speranza. Insieme con il card. Crescenzio Sepe, stiamo cercando di concretizzare il grido di Giovanni Paolo II a Scampia: ‘Non arrendetevi al male’. Non arrendersi oggi è un vero e proprio atto di coraggio, ma è proprio la forza della fede che rende alcuni popoli poveri dignitosi e forti.