Rieti e lavoro: che fare?

La parte del Congresso Eucaristico dedicata al Lavoro e alla Festa ha riscosso un certo interesse. Di sicuro c’è di che essere soddisfatti. Tuttavia alcuni problemi restano.

La buona riuscita dell’esperimento potrebbe non essere un buon segno. Non sarà che tutto questo interesse dipende dal fatto che si lavora sempre meno e sempre peggio? Non a caso, gran parte dell’uditorio era composto di persone in grande difficoltà. La sala del Centro Congressi del Consorzio per lo Sviluppo del Nucleo Industriale era piena, è vero, ma di cassa integrazione, di licenziamenti, di sconfitte.

Difficile parlare della festa, anche presa solo come sentimento. Bisogna ammetterlo: è una emergenza da rianimazione, un caso disperato. Dei giorni festivi, ormai, è rimasta solo la forma. Ne abbiamo perso tutta la sostanza, il sapore.

Però non ci rassegniamo: qualche buon frutto la Diocesi può vantare di averlo raccolto. È ritornato d’attualità il tema di una qualche comunione tra i soggetti del mondo produttivo. La Chiesa locale è riuscita nel difficile compito di radunare attorno ad un tavolo le forze sociali e a disporle al dialogo. Pazienza se tra le presenze istituzionali si contava solo quella del sindaco di Rieti. Le orecchie che contano, quelle dei lavoratori, erano tante ed erano attente.

Non sarà un miracolo, ma per certi versi il risultato è stato sorprendente. Ad un tratto si è fatta avanti una inedita armonia di intenti, di analisi, di prospettive. La cosa è quasi sospetta! Ci dobbiamo preoccupare? Questa disponibilità a mettere da parte i contrasti per inseguire obiettivi comuni non è certo cosa di tutti i giorni.

Come sarebbe bello se le aziende, le associazioni di categoria e i sindacati avessero davvero trovato un filo comune!

Peccato arrivino i soliti cinici a raffreddare gli animi. Se siamo arrivati allo «stringiamci a coorte» – dicono – è perché non si sa più davvero che pesci pigliare, mica perché si è capito fino in fondo che il sistema produttivo vale assai più della somma delle sue parti.

Non importa direte voi: non è raro che l’unità, il superamento dei distinguo e delle difese ideologiche arrivino in coincidenza di momenti di grandi difficoltà.

D’accordo: inutile fare tante dietrologie. Meglio raccogliere quanto è arrivato di buono. Il problema però è non contentarsi, non fermarsi a questo primo, apparente passo in avanti. La tappa successiva è stata la fiaccolata di solidarietà ai lavoratori di venerdì 16 novembre. È arrivata fin sotto la Cattedrale. Bene: è stato un momento di forte suggestione, forse ha aiutato a disporre l’animo al meglio e a ravvivare la speranza.

Ma dato il momento non è il caso di fermarsi agli aspetti simbolici. Quello di oggi è un vero e proprio terremoto occupazionale. È giusto puntellare gli edifici, salvare il salvabile. Ma di fronte ad un sisma del genere non si può che iniziare a parlare seriamente di ricostruzione.

Se la difesa del lavoro non si accompagnasse troppo al risentimento sarebbe già qualcosa. Ma insieme bisognerebbe ammettere che il sistema della Rieti che fu è ormai inadeguato, per certi versi esausto. È vero: certi siti chiudono per la delocalizzazione e la globalizzazione; la crisi è generale. Ma una buona volta dovremo pure ammettere che la città fa ben poco per restare al passo coi tempi. Certi ingranaggi si sono rotti, non girano più, e non è nemmeno detto che convenga ripararli.

Il tema vero, dunque, è ragionare di quali produzioni inseguire, di quali settori potenziare, di quali strategie mettere in campo. È un qualcosa che prima o poi occorrerà affrontare seriamente, senza perdersi nella solita litania delle risorse non sfruttate.

E forse stavolta c’è speranza: nonostante l’incontro fosse organizzato dalla Diocesi, non si è sentita troppo la solita tiritera sul turismo religioso. Poche anche le sparate sull’ambiente, l’acqua e il Terminillo. Si è parlato di tamponare con un po’ di edilizia sensata, ma senza farne una panacea per tutti i mali. Si è invece proposto di creare nuove sinergie, di sottoscrivere protocolli di intesa tra pubblico e privato, di fare rete. È vero che anche queste sono tutte cose già sentite, forse già consumate. Ma stavolta sembra si voglia fare sul serio.

Vedremo. Per il momento si può coltivare un giustificato sentimento di soddisfazione, ma guardandosi dal rischio di cadere in facili trionfalismi.

La Diocesi ha dimostrato di avere ancora molto da offrire alla città. Si direbbe che il punto di vista della Chiesa sui problemi della società e del lavoro stia permeando un poco il dibattito sulla crisi.

Ciò nonostante le questioni rimangono ancora tutte aperte. Se davvero si vuole far pendere l’ago della bilancia verso il lavoro e restituire dignità e prospettiva alla vita di tanti, occorrerà mantenere spirito critico e metterci davvero tanto, tanto impegno.

3 thoughts on “Rieti e lavoro: che fare?”

  1. Gianni

    Ma quali strategie ! Come fa una impresa a produrre qualcosa a Rieti se per portarla a Roma i camion devono affrontare la via Salaria, una strada pericoloso in cui al massimo si va a 70 all’ora ?
    Quali strategie se Rieti è devastata da numerosissimi centri commerciali ?

    Quali strategie se ci sono più sportelli bancari che cristiani ?

  2. Gianni

    E ancora: quali strategie se a Terminillo ci sono oggi solo 3 piste contro le 6 di 10 anni fa ?

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