Problema-casa, Caritas lombarde in prima fila. Spazio alla fantasia, “ma serve un’alleanza coi Comuni”

Presentato a Milano un documento che illustra gli interventi delle dieci Caritas diocesane per assicurare un alloggio a chi non se lo può permettere: famiglie a basso reddito, giovani coppie, genitori separati, immigrati. Gli esempi dal territorio, il ruolo degli enti pubblici, la disponibilità di alcuni proprietari ad andare incontro agli inquilini in difficoltà

Un progetto di housing sociale in un appartamento confiscato alla mafia a Sant’Angelo Lodigiano; la messa a disposizione di alloggi e contributi per le bollette a Como e Mandello del Lario; le 170 abitazioni gestite dalla Fondazione San Carlo tra Milano e altre città della diocesi ambrosiana; la struttura di accoglienza “Casa Josef” a Vigevano per uomini italiani e stranieri. Sono solo alcuni degli innumerevoli interventi operati dalla Chiesa lombarda per affrontare il problema della carenza di alloggi a prezzi accessibili. Acquistare o prendere in affitto un paio di locali nelle grandi realtà urbane così come nelle cittadine di medie dimensioni appare spesso inaccessibile a tante famiglie e alle giovani coppie che vorrebbero sposarsi; medesimo problema riguarda i single, i genitori separati, gli immigrati. La casa è una primaria necessità per una vita dignitosa, ma contiene in sé anche forti valori simbolici, come luogo del ritrovo familiare, della sicurezza, della cura… Di questi argomenti si occupa il Rapporto delle Caritas delle dieci diocesi lombarde, presentato oggi a Milano alla Fondazione Ambrosianeum e intitolato “Abito dunque sono: riflessioni e buone prassi sull’abitare”.

Valore reale e simbolico. “È evidente che per abitare uno spazio occorre essere nella condizione di poterlo legittimamente occupare”, afferma, presentando il Rapporto, donClaudio Visconti, delegato regionale Caritas. “Tuttavia, proprio perché l’‘abitare’ in senso profondo ha una valenza molto più ampia del semplice significato fisico e spaziale, il semplice possesso è una condizione necessaria ma non esclusiva”.“Non sono i muri e il tetto di una casa a determinare di per sé la qualità e il valore dell’abitare – osserva Visconti – ma il modo d’uso che noi facciamo degli oggetti e degli spazi, le pratiche che sviluppiamo, il senso che diamo all’abitare con le nostre scelte e le nostre azioni”.Visconti insiste: “la casa è sempre carica di una grande simbologia: riparo e protezione; ambito delle relazioni tra generazioni, dell’accoglienza e della condivisione; spazio dove si educa e da cui si parte per costruire il futuro e il nuovo”. Dal canto suo l’assessore alla casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, analizzando alcune possibili strade per rispondere al bisogno di alloggi nella realtà urbana, acuita dalla crisi economica, sostiene: “Non è vero che non ci sono case a sufficienza. Il problema della casa oggi non risiede tanto nella domanda quanto nel raccordo tra questa e l’offerta. Il ‘vuoto’ edilizio e il fatto che esistano ‘case senza abitanti e abitanti senza casa’ indica che la questione è legata al mancato incontro tra la domanda e l’offerta”.

Numeri impressionanti. Alcuni dati fanno riflettere: “A Milano, tra le 14.714 persone incontrate nei centri di ascolto della Diocesi, il 15,8% presentava problemi legati all’abitazione”, si legge nel Rapporto delle Caritas: si tratta di 2.329 persone. “A Brescia sono stati eseguiti 582 sfratti nel 2015”. A Bergamo “dai 130 sfratti esecutivi annui del 2008 nella Provincia orobica si è giunti a 605 nel 2015 su una richiesta di 2.651. Solo nei primi quattro mesi del 2016 gli sfratti esecutivi sono stati 108”. Situazione analoga nelle diocesi più piccole: a Mantova 300 sfratti nella città capoluogo, a Cremona il solo centro d’ascolto diocesano ha erogato sussidi per l’affitto per oltre 53mila euro in un anno.

Progetti e… fantasia. Le diocesi di Lombardia, attraverso le Caritas, hanno generato nel corso degli anni,

“secondo la fantasia della carità”, risposte diversificate al bisogno abitativo.

“In alcune diocesi – chiarisce don Visconti – tali pratiche di prossimità si sono tradotte in progetti di sostegno attraverso il pagamento delle utenze e delle spese condominiali; in altre in fondi per l’erogazione di contributi economici per alleviare le situazioni di morosità incolpevole nel pagamento degli affitti; in altre ancora nella messa a disposizione di alloggi temporanei per dare casa a quelle famiglie che si sono trovate per strada”.

Esempi sul territorio. A Mantova, ad esempio, il progetto di recupero immobiliare per le famiglie partito dal 2000 “mette oggi a disposizione, dopo investimenti progressivi, 42 appartamenti con circa 165 posti letto: gli appartamenti sono localizzati in 18 comuni del Mantovano in immobili di proprietà ecclesiastica, principalmente canoniche abbandonate”. Il canone di affitto richiesto è minimo e varia in base alle disponibilità delle famiglie.A Brescia la comunità di vita Casa Betel accoglie donne vittima di violenza e in grave difficoltà economica. A Bergamo il Fondo Famiglia-casa prevede la stipula di un accordo tra Caritas e comuni della provincia per un sostegno a inquilini in difficoltà.Da parte loro – questa è una novità interessante – i proprietari degli immobili “si impegnano a ridurre il canone dell’affitto per la durata dell’accordo del 15% e a sospendere l’eventuale procedimento di sfratto”. A Cremona Casa Giovanni Paolo II gestisce quattro piccoli appartamenti per un totale di 10 e fino a 14 posti letto, destinati a donne e minori sia italiane che straniere; inoltre “gli ospiti della casa hanno una copertura educativa quotidiana garantita dal Pronto intervento donna della Caritas cremonese”. Un accordo tra Caritas, Comune, inquilini e proprietari e stato sottoscritto anche a Pavia; a Crema la Caritas diocesana con alcune realtà del territorio ha avviato un progetto per intervenire prima che lo sfratto diventi esecutivo grazie a un fondo di garanzia alimentato dai comuni del distretto cremasco. D’altro canto le Caritas lombarde tornano a sottolineare che “una risposta risolutiva non può che venire da un grande intervento sotto la regia degli enti pubblici, senza deleghe deresponsabilizzanti e pilatesche”.