Anche la parte privata dell’appartamento papale del Palazzo Lateranense sarà prossimamente aperta al pubblico. Una prima volta assoluta, dato che in passato solo le sale della parte pubblica erano visitabili. È uno degli effetti della lettera che il Papa ha indirizzato ieri al cardinale vicario di Roma, Angelo De Donatis, per la valorizzazione dello storico stabile, attualmente sede del Vicariato, cioè del complesso di uffici di quella che a tutti gli effetti è la curia della diocesi capitolina.
A De Donatis, Francesco affida – come si legge nel documento – «il compito di realizzare, nel complesso di quello che è stato per secoli noto come Patriarchio lateranense, attività museali e culturali nelle diverse forme e contenuti, dando l’assetto che sarà necessario, facendo “sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa cattolica”». Il riferimento tra virgolette è all’articolo 16 del Trattato lateranense, firmato nel 1929, così come il Concordato, proprio nella grande Aula sita al primo piano del Palazzo, che da allora prese il nome di Aula della Conciliazione.
E proprio il primo piano del Palazzo (nove sale più quella già ricordata, oltre alla cappella, allo scalone monumentale e alla loggia) sarà destinato alle attività museali e culturali di cui parla il Pontefice nella sua lettera. In alcuni ambienti è già presente una raccolta che comprende tra gli altri due arazzi provenienti dai Musei Vaticani e risalenti al 1635, opera di Giacomo Della Riviera. È il Museo Storico Vaticano, fondato nel 1973 da Paolo VI e qui trasferito da Giovanni Paolo II nel 1987. In precedenza anche Gregorio XVI, nel 1838 aveva collocato nel Palazzo il Museo Gregoriano Lateranense. Questi ambienti non sono più visitabili dal 2011 e prima di procedere a una nuova apertura al pubblico bisognerà fare dei lavori. «Ci impegneremo per realizzare quanto prima il desiderio del Santo Padre – afferma monsignor Pierangelo Pedretti, preposto del Palazzo e segretario generale del Vicariato -, anche se non si possono fare previsioni certe sui tempi, anche a motivo del perdurare della pandemia».
«La Chiesa – scrive il Papa nella lettera – nel corso dei secoli ha sempre operato per promuovere quanto è frutto del genio e della maestria degli artisti, spesso testimonianza di esperienze di fede e quali strumenti per dare onore a Dio». Tale speciale responsabilità, prosegue Francesco, «accompagnata dall’attenta sollecitudine nel considerare luoghi, edifici e opere espressioni dello spirito umano e parte integrante della cultura dell’umanità, ha consentito ai miei Predecessori di tramandarli alle diverse generazioni e di adoperarsi per conservarli e renderli disponibili a visitatori e studiosi. Un compito che anche oggi impegna il Vescovo di Roma nel rendere fruibile la bellezza e il rilievo dei Beni e del patrimonio artistico affidato alla sua tutela».
Per questo, animato da tali ragioni, scrive il Papa, «destino a tale questo scopo anche gli edifici annessi alla Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, sede della mia Cattedra episcopale, ben conscio della natura che a quel complesso attribuiscono il percorso e gli accadimenti della storia».
Il Palazzo Lateranense, nella sua forma attuale fu terminato nell’agosto 1589 ed è articolato su tre piani. Sisto V vi trasferì il Tribunale della Rota Romana, la Camera Apostolica e diede stanza ai cardinali. Paolo V lo destinò all’arciprete e ai canonici lateranensi per uso abitazione. Urbano VIII lo convertì in ospedale. Innocenzo XII, dopo un grande restauro, lo donò all’Ospizio Apostolico di San Michele, Pio VII nel 1805 lo destinò in parte ad archivio, e infine Giovanni XXIII, il 24 giugno 1962 vi trasferì gli uffici del Vicariato.
da avvenire.it