Chiesa di Rieti

Non possiamo dimenticare chi soffre proprio accanto a noi

È stata molto partecipata la liturgia delle Ceneri presieduta dal vescovo Domenico nella Cattedrale di Rieti

C’è stato il dolore della guerra, accompagnato dall’invito di papa Francesco ad una giornata di preghiera e di digiuno per la Pace in Ucraina, sullo sfondo della celebrazione del Mercoledì delle Ceneri presieduta dal vescovo Domenico in Cattedrale. «Stando alle ultime notizie – ha notato mons Pompili – la preghiera e il digiuno rispetto al dilagare della violenza, della distruzione e della morte sembrano perfettamente inutili. Eppure pregare e digiunare sono azioni efficaci per preparare la pace. Giacché non si può essere mai neutrali dinanzi alla guerra. Non basta essere pacifisti. Bisogna diventare “pacificatori”, cioè proattivi: fare qualcosa perché la situazione cambi».

E come punto di partenza per il cambiamento il vescovo indica proprio la formula delle ceneri: Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai. «Tutti sappiamo che dobbiamo morire. Si può dire che la cultura nasce proprio da questa consapevolezza che è unica tra i viventi. La fede stessa si sviluppa a partire da questa tragica domanda sulla vita. Oggi a Kiev e nelle città ucraine ci pensano le bombe di Putin a ricordare questa certezza. Ma in che senso la memoria di essere polvere aiuta a costruire la pace? Perché ci ricorda che tutto è destinato a volatilizzarsi sulle strade polverose della vita se manca l’intelligenza e la volontà».

Occorre cioè “capire”, le contraddizioni del mondo, «proteso verso un progresso inimmaginabile e sfibrato da ingiustizie vergognose che prefigurano scenari apocalittici». E “cambiare”, perché «non basta l’intelligenza per entrare nella realtà se poi non avverte su di sé il dolore degli altri».

C’è una ragione se la guerra è arrivata come uno shock nel cuore dell’Europa, proprio quando sembrava di scorgere un po’ di luce dopo due anni di pandemia: «Siamo abituati a una vita di benessere e di pace, ma la nostra pace era pigra: ci siamo abituati a tal punto che abbiamo dimenticato la gente che soffriva proprio accanto a noi».

Un’ipocrisia dalla quale Gesù mette in guardia, perché scanza la vera lotta che è «il combattimento interiore, contro di noi e non contro gli altri, che mette a nudo chi siamo e cosa vogliamo. È questo il combattimento “spirituale” che ci attende in vista della Pasqua. Perché la vita e la pace possano risorgere».