Mons. Pompili: «la tomba aperta è l’imprevisto da cui riparte la fiducia»

Per comprendere la Pasqua occorre essere aperti all’imprevisto, come hanno saputo esserlo le donne che si sono ritrovate di fronte alla pietra rotolata del sepolcro di Gesù. E non è un caso – ha spiegato il vescovo Domenico durante la veglia di Pasqua – che sono le donne «le uniche che hanno seguito il Crocefisso fino alla fine». Forse perché «la donna, di suo, è più esperta della vita e della morte».

Ma forse oggi «il limite che tutti noi abbiamo» è proprio «l’indifferenza rispetto alla Risurrezione. Qualcuno – ha sottolineato mons. Pompili – arriva a parlare di reincarnazione, oppure pensa di bastare semplicemente nel ricordo delle persone che ci amano. Ma non ci viene di puntare più in alto, di sperare oltre. E invece il vero e solo peccato è proprio l’insensibilità alla Risurrezione. Perché se non si sogna l’impossibile, non lo si raggiunge».

«Certo – ha ammesso il vescovo – la fede nella risurrezione non è una fede facile»:

Le donne in realtà resistono, esitano. Non sono delle credulone. E tuttavia quella tomba aperta, l’imprevisto, diventa per loro ciò da cui riparte la fiducia. Non che abbiano già compreso tutto, ma sicuramente, da quel momento, ciò che sembrava perso può essere gradualmente recuperato. Ciò, dice a noi che è possibile avvicinarsi all’incredibile se, come le donne, sappiamo stare di fronte all’imprevisto, e se sappiamo, come le donne, fare memoria della parola di Dio, che ci aiuta a familiarizzare con questa “possibilità impossibile”, che può provenire solo da Dio.

«Al mondo – ha aggiunto il vescovo – ci sono due categorie di persone: quelli che hanno già escluso in partenza Dio, e vivono semplicemente secondo ciò che appare, e quelli che non smettono di cercare, che continuano a trovare una strada, a credere. E credere allora è il sinonimo di una inquietudine che non passa».

«Credo che sia questo che dobbiamo chiedere: ritrovare lo stupore per la vita, far sì che rinasca in noi la capacità di lasciarci spiazzare dall’esistenza. È quello di cui abbiamo più bisogno tutti per ritrovare l’incanto della vita e anche la possibilità che essa si manifesti in modo non scontato. “La conoscenza crea gli idoli, solo lo stupore conosce”. È questo stupore – ha concluso don Domenico – che vorremmo insieme ritrovare: perché la vita, e non la morte, possa essere il nostro destino».