Cari bimbi!
qualche giorno fa sono stato a Greccio e davanti alla grotta ho avvertito nel cuore la voce di san Francesco, il folle di Dio, che mi ha chiesto di prestargli per qualche minuto la mia mano e la mia penna perché ha bisogno di dirvi qualcosa di importante. E così lascio che sia Lui a parlarvi!
Care mie piccole sorelle, cari miei piccoli fratelli,
giunga anche a voi carico di affetto e amicizia il saluto che risuona caro anche in questa valle: Il Signore vi dia pace!
Voglio rivolgermi direttamente a voi, che a motivo della vostra “piccolezza” in età riuscite meglio a comprendere quella “infinita piccolezza” che qui a Greccio, 800 anni fa, mi suggerì di fare di questa terra benedetta, la seconda Betlemme.
Sapete come è andata? Ve lo racconto.
Mi trovavo a Greccio, a pochi giorni dal Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, a me molto caro perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, lo chiamai e gli dissi: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”.
Appena finii di parlare, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno che gli avevo detto.
Giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione vennero molti frati da varie contrade; uomini e donne arrivarono festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le proprie possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Alla fine arrivai io: vidi che tutto era predisposto secondo il mio desiderio, ed ero raggiante di letizia. Preparammo la greppia, vi ponemmo il fieno e introducemmo il bue e l’asinello.
In quella scena commovente splendeva la semplicità evangelica, si lodava la povertà, si raccomandava l’umiltà. Greccio divenne una nuova Betlemme.
Quella notte fu chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorse e si allietò di una gioia mai assaporata prima, davanti al mistero. La selva risuonò di voci e le rupi imponenti echeggiarono di cori festosi. I frati cantarono le lodi al Signore, e la notte sembrò tutta un sussulto di gioia: Io lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di tenerezza e di gioia ineffabile. Poi il sacerdote celebrò solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assaporò una consolazione mai gustata prima (FF 468-469).
Come avete potuto comprendere in questi giorni di celebrazioni, ricordi e rievocazioni, ho il timore che si possa perdere il senso vero di questa presenza così significativa e allora ho pensato di affidare a voi, un compito importante, un compito che nessun altro potrebbe compiere mirabilmente come voi.
Vorrei che mi aiutaste ad essere gli ambasciatori dello stupore, della meraviglia e dell’entusiasmo e della pace!
Vedete, miei piccoli amici, gli occhi degli adulti del vostro tempo sono spenti e disillusi. Le notizie di questi ultimi giorni hanno ancora di più ridotto la speranza ad un piccolo lumicino ormai quasi spento. E allora questo è il vostro momento! Mi siete necessari, siete necessari a questo mondo, adesso! Abbiamo necessità dei vostri occhi belli carichi ancora di stupore e meraviglia; del vostro sguardo genuino capace di riaccendere il fuoco della Speranza e di riaccendere la pace.
Mi è piaciuto molto leggere una poesia di Trilussa che così scrive:
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.
Ha ragione Trilussa! Ecco perché, miei piccoli eroi dell’amore, ho bisogno di voi. Venendo a Greccio o semplicemente davanti ai presepi delle vostre case e delle vostre chiese, quando vedrete il bambino Gesù, leccatevi le labbra, come fate quando mangiate una prelibatezza e fatelo vedere ai vostri genitori e a tutti gli adulti che vi circondano. Leccatevi le labbra come feci io, quella notte del 1223, in questo meraviglioso paese. Leccatevi le labbra per gustare, in tutta la sua dolcezza, l’infinito amore di Dio per noi.
Non si tratta di ricreare un ambiente da fiaba. È la proposta di Dio che ancora oggi si fa piccolo per poter essere accolto da ciascuno. Solo rinunciando a manie di grandezza possiamo evitare che qualcuno si senta escluso da questo amore grande.
Allora, ci state? Mi date questa mano, miei piccoli amici?
Mi aiutate a far sì che da Greccio ogni presepio possa continuare ad essere fontana di speranza vera in un mondo senza più armi e senza più rancori?
Sapete, nei giorni in preparazione al Natale c’è un’immagine splendida presa dalla Bibbia che evoca tutto questo: “Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà” (Is 11,6). Che meraviglia questa profezia! Ve l’affido con amore perché, soprattutto in questi giorni possa diventare realtà.
Sono certo di incontrare la disponibilità di tanti di voi e allora sì che il miracolo di Greccio potrà compiersi ancora per i prossimi 800 anni.
Mi raccomando! Coinvolgete in questa avventura le vostre famiglie, tutti i vostri amici e compagni.
Più sarete e più ci sarà speranza nella nostra vita.
Vi voglio un bene grande!
Natale 2023
Vostro, fratello Francesco