L’Eco che resta

Alle 22:30 di venerdì 19 febbraio è morto Umberto Eco. Scrittore, filosofo, semiologo, professore universitario e tanto altro ancora per cui basterebbe elencare le pubblicazioni per una soltanto delle sue passioni per riempire questo articolo.

Ad Eco gli elenchi piacevano molto. Il libro La vertigine della lista è dedicato proprio a questo, nel loro aspetto affascinante o comico. E l’umorismo era un tratto fondamentale del suo carattere. Ha scritto un coltissimo, ma comunque divertente, articolo sui puffi e strofe per dileggiare i grandi filosofi. Tutta la cultura occidentale, alta o bassa che fosse, è caduta nella sua rete di raffinati strumenti di analisi.

Nella sua sterminata collezione di passioni ci sono comunque dei temi ricorrenti. Il medioevo prima di tutto, la cui profonda conoscenza gli aveva permesso di farlo rivivere ne Il nome della rosa. La comunicazione, che tra le altre cose lo ha portato a fondare il Dams di Bologna. I libri, antichi e moderni, con 50.000 titoli nella sua libreria.

Di libri ce ne ha lasciati proprio molti. A cominciare dalla sua tesi di laurea sull’estetica di San Tommaso, il fondamentale Trattato di semiotica generale, le varie raccolte di articoli come il Diario minimo contenente il famoso saggio su Mike Buongiorno.

Tutta la sua opera somiglia alla grande biblioteca dell’abbazia descritta ne Il nome della rosa. Un’elegante struttura coerente con tante sezioni per molteplici argomenti. È difficile visitare tutte le stanze del suo pensiero ma basta farsi un giretto per capire quanta ricchezza ha ancora da offrire. Quella di Umberto Eco è stata e continuerà ad essere un’opera aperta. Aperta a tutti noi.