Notevole successo per la bella proposta costruita a partire dalla Laudato si’ realizzata nel Centro Sant’Eusanio di Porta d’Arce.
«Dio ci ha reso un animo pieno di vivace armonia che può trasformare le meraviglie dell’universo in splendida bellezza. Saperlo farebbe dell’umana specie l’essere di cui la Vita ha bisogno, di cui gli uomini hanno bisogno. E cerco invano un senso a tutto ciò che crea sofferenza e non trovo ragione, sorveglio negli occhi altrui ciò che può rendere l’animo saggio e colgo una flebile speranza. Abbraccio la Terra che sussurra attraverso i suoi odorosi frutti, un muto presagio che trasuda pianto per ciò che poteva essere e ancora non è stato».
Così Andrea Paulucci, dal pozzo del proprio autismo, ha spiegato l’intuizione che ha avuto dalla Laudato si’ di Papa Francesco, «Dio può fare un albero, l’uomo un giardino», sviluppata poi in Laudando, lettura collettiva di frammenti dall’enciclica del Pontefice intervallati da versi tratti dal Cantico delle Creature di san Francesco d’Assisi.
Ed è stata una proposta ricca ed intensa, molto partecipata dal pubblico che ha riempito la sala della chiesa di Sant’Eusanio. Un altro piccolo segnale di quante potenzialità e risvolti, quante possibilità di confronto, approfondimento, dialogo, siano comprese nel testo di Bergoglio. Lo spettacolo infatti è stato una eco al suo appello alla cura della “casa comune”, alla sua indagine su ciò che le sta accadendo, al suo ragionamento sul clima e sul bene dell’acqua, che prende un significato particolare nel nostro territorio.
Ma Laudando non è stato un momento di ecologia facilona e di maniera: ha colto perfettamente la dimensione più ampia del discorso del Papa, quella di una attenzione al deterioramento della qualità della vita umana oltre che della Terra: il dissesto delle relazioni insieme a quello idrogeologico, la chiave dell’amore come possibilità per ricucire le ferite ambientali, sociali, economiche. Uno sguardo che pare voglia spingersi «alla fine dell’età della tecnica», della cui potenza è giusto rallegrarsi, ma ricordando che la scienza e la tecnologia non sono neutrali, sono una ideologia che rischia di distruggere i valori e le finalità dell’uomo.
Ad alternarsi al microfono un gruppo di lettori d’eccezione, che non si sono presentati secondo la funzione o il ruolo, ma solo con il nome: Anna Corbi, Antonio Valentini, Domenico Pompili, Enrica Rinalduzzi, Gianni Letta, Laura Figorilli, Marco Tarquini, Marino Porcelli, Virgilio Nunzio Paolucci, Roberta Simeoni, Robert Sumanaru, Stefania Mariantoni. A dare voce ora ad Andrea, ora a san Francesco è stato invece l’attore Paolo Fosso, che della proposta ha curato anche la regia. Un piccolo intervento teatrale è stato proposto da Federica Scappa, Yuri e Umberto Caraccia.
«Un fragile orgoglio adombra il mio cuore, il disprezzo della vita mi colora di nero, la luce del sole si spegne all’improvviso, l’urlo soffoca la voce flebile che non racconta più le storie della vita, ma della vita posso dire che fa fatica, nel goffo corpo, a rendere giustizia della bellezza di cui sono pervaso» ha concluso Andrea, aprendo alla speranza: «Non lascerei mai andare la disperazione prima di aver provato che sempre, in ogni attimo vale la pena cercare il sorriso nel proprio cuore. Posso chiedere agli uomini dotati di immense risorse che io non ho, di cercare il seme della bellezza di cui sono dotati per nascita divina e con un sorriso raccogliere le piaghe delle loro opere e far germogliare prepotenti fiori sui prati del Mondo e dell’Universo. Sono deciso a credere nell’Uomo, nella bellezza che è nel suo animo. Se trovasse il seme dei fiori nel suo cuore farebbe giardini di colori dove il corpo disteso al sole farebbe danzare l’anima al suono del Creato che ci governa. Laudando».
Foto di Massimo Renzi.