La ricchezza della povertà

In realtà, spesso, ci si impegna nello scrivere perché l’arte della scrittura, dell’intelaiatura delle parole su di un foglio di carta, è l’imprimere l’animo su delle righe per far sfogare il cuore, quello stesso cuore che batte per i bisognosi, per i poveri.

Quei stessi poveri che non hanno nulla di povero, ma che sono il tragitto di arcobaleno verso il Signore nostro Dio, quei poveri che sono la dolcezza dell’anima e quella povertà che è la più grande educatrice.

Educatrice che dona l’insegnamento del rispetto, dell’amore e che racchiude in se il senso della carità, che non chiede e non esibisce. I bisognosi racchiudono in loro stessi tutto il concetto di vita, badano a tutto e non dimenticano le braccia che li stringono, essi vivono e sorridono di quella povertà perché l’animo l’hanno colmo dei colori dell’amore.

San Vincenzo de Paoli diceva: «Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori, dobbiamo piuttosto considerarli il lume della fede». Perché i poveri sono guida illuminatrice all’amore e quello stesso bisogno è il riscatto del bene nascosto spesso da un umanità accecata dall’odio e dalla competizione.

Ogni gesto di bene a loro fatto è trasformazione di noi stessi e delle nostre vite, il sole è nei loro occhi e noi ne verremo scaldati.