Chiesa

La parrocchia? Un’armonia di carismi. Non sia un’azienda

Pubblicata una nuova istruzione vaticana sulla "conversione pastorale delle parrocchie". I rischi di una comunità in cui il prete fa tutto o al contrario in cui sacerdoti e laici sono solo funzionari

Nella Chiesa c’è posto per tutti e ciascuno può trovare il proprio nell’unica famiglia di Dio. Ancora: è il popolo di Dio che evangelizza, ciascuno secondo la propria vocazione e alle responsabilità che gli competono. Sono i punti di riferimenti attorno a cui si articola l’istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, appena pubblicata a cura della Congregazione per il clero.

Un testo, spiega monsignor Andrea Ripa, sotto-segretario del dicastero, che si propone come sintesi, calata nel contesto attuale di due precedenti documenti: l’“Ecclesia de mysterio”, “su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti”, datato 1997 e, diffusa cinque anni dopo, l’istruzione: “Il presbitero pastore e guida della comunità”. Pubblicazioni tuttora molto importanti che la novità odierna assume come presupposto, come richiamo essenziale per focalizzare la propria attenzione, spiega monsignor Ripa, «a tutti i ministeri operanti all’interno della comunità parrocchiale, in modo da evidenziare come ognuno abbia una sua specificità al servizio dell’unica missione evangelizzatrice». Si tratta cioè di operare insieme per valorizzare ogni carisma preservando la Chiesa da possibili derive, come “clericalizzare” i laici o “laicizzare” i chierici o ancora fare dei diaconi permanenti dei mezzi preti o dei preti mancati.

In questo senso non si propongono novità legislative ma si vuole facilitare un migliore discernimento di scelte pastorali già avviate in modo da definirne meglio i confini ed eventualmente correggerne possibili distorsioni. Alla luce di quel dinamismo in uscita chiesto dal mutamento dei tempo e da un contesto socio-culturale sempre più plurale.

In questo senso l’Istruzione, sottolinea il dicastero vaticano che l’ha curato, vuole favorire e promuovere accanto alla parrocchia determinata unicamente su base territoriale «una pastorale di vicinanza e di cooperazione tra diverse comunità». Gli esempi classici sono rappresentati dalle “unità pastorali” e dai vicariati foranei, detti “zone pastorali”, che hanno il compito di rendere più agevoli i legami, le connessioni tra il centro e la periferie della diocesi. In questo senso il nuovo documento, aggiunge monsignor Ripa, «intende offrire ai vescovi e ai loro collaboratori, chierici e laici, gli strumenti pastorali e canonici per operare secondo un agire genuinamente ecclesiale, dove diritto e profezia si possano coniugare per il maggior bene della comunità». Questo per evitare che l’azione pastorale sia troppo soggettiva e che si finisce per dare vita a comunità parrocchiali in cui il parroco e gli altri presbiteri fanno tutto o, viceversa, in cui per una visione eccessivamente democratica, se così si può dire, non ci sia più un pastore ma solo funzionari, chierici o laici, «che ne gestiscono i diversi ambiti, con una modalità spesso definibile come “aziendale”.

I progetti di riforma dunque possono andare bene, purché vadano nella direzione di una collaborazione e di una cooperazione armonica al servizio e per la valorizzazione di tutti. «Non si tratta di “ingabbiarli” nella fredda schematicità di modelli precostituiti e identici per tutti – sottolinea Ripa –, bensì di mantenerli all’interno dell’ampio alveo ecclesiale, per accompagnare un “andare insieme” – pastori e popolo di Dio – senza cercare di comprimerne il cuore e lo Spirito entro piani pensati solo a tavolino».

da avvenire.it